Pubblichiamo di seguito l’articolo pubblicato su Il Giornale di Sicilia del 21 febbraio 2019 a firma di Marcello Digrandi
Cento aziende zootecniche chiuse in un anno. Un migliaio di posti di lavoro in meno. Con tutto l’indotto che ruota attorno in un’economia circolare di un milione di euro che mancano. Colpa di una crisi di mercato e degli aumenti dei costi produttivi – che vanno dal 20% fino al 200% – e interessano carburanti, concimi, antiparassitari e mangimi.
Il latte vaccino viene pagato agli allevatori ragusani 38 centesimi al litro che, in alcuni casi, può raggiungere anche i 42 centesimi inclusi le premialità relative alla qualità del latte, carica batterica, proteine nella norma, e benessere degli animali. Per produrre un litro di latte vaccino occorrono non meno di 50 centesimi al litro.
Un ricchissimo patrimonio zootecnico nella provincia più agricola della Sicilia, con 30 mila vacche da latte e 1000 aziende zootecniche. Stamane con inizio alle 10.00, giornata di mobilitazione, a Vittoria, dinanzi alla Fiera Emaia. Gli allevatori e i pastori, insieme ai serricoltori, getteranno in strada i loro prodotti. La mobilitazione è organizzata dal Tavolo Verde Sicilia, dal movimento Mda, Riscatto Agricoltura e AltraAgricoltura.
“E’ arrivato il momento di dire basta – spiega Maurizio Ciaciulli, leader di Riscatto Agricoltura – ad una filiera che penalizza solo i produttori. Chiediamo il sostegno di tutto il mondo produttivo ragusano, senza bandiere o partiti di appartenenza”. La giornata di sciopero dell’agricoltura e delle imprese proseguirà venerdì pomeriggio, dalle 17 alle 22, in Piazza del Popolo a Vittoria.
A proposito di allevatori, Confagricoltura chiede al mondo politico uno sforzo comune per migliorare la produttività e, quindi, la qualità del latte. “La Regione, insieme agli enti di ricerca – spiega Ignazio Nicastro, vice-presidente di Confagricoltura Ragusa – deve mettere su un piano per la valorizzazione del latte vaccino. In provincia di Ragusa, fortunatamente, abbiamo tutti gli strumenti per farlo, iniziando proprio dal Corfilac. Altrimenti, senza la qualità e i parametri a norma, per i piccoli allevatori non ci sarà alcun futuro“.
Il mondo allevatoriale ragusano non sembra avere le idee chiare sulle strategie da adottare per affrontare un mercato sempre più globale. “In questo momento puntiamo alla valorizzazione del territorio – spiega Gianni Campo, allevatore – al brand Ragusa e a rafforzare tutta la filiera del latte, dalla stalla fino al consumatore. Puntiamo sull’identità territoriale e sulla tracciabilità delle produzioni per offrire certezze ai consumatori e condizioni di sopravvivenza alle imprese”. Per gli allevatori ragusani il prezzo del latte incide, e di molto, sull’economia del territorio. In contrada Meusa Maiorana, all’estrema periferia della città, Mattia Occhipinti, allevatore, insieme alla famiglia punta l’indice verso il mondo allevatoriale.
“Nelle attuali condizioni di mercato è inevitabile che molte aziende zootecniche siano costrette a chiudere, con o senza incentivi. Le responsabilità sono di ognuno di noi, in questo momento non si ha il coraggio di scendere in strada e rivendicare, insieme agli amici della Sardegna, un prezzo equo pari a 50 centesimi al litro”.