“Crediamo che sia antiscientifico e dannoso continuare a demonizzare le bevande alcoliche, in particolare i vini, considerandole come fattori di rischio per il cancro in sé e per sé, dato che la discriminante è legata all’abuso, non al consumo moderato, come dimostrano gli studi scientifici. Pertanto, chiediamo di sostenere gli emendamenti volti ad affermare che sia il consumo dannoso e/o abuso di alcol ad essere un fattore di rischio e non il consumo in generale, nonché quelle proposte volte all’introduzione in etichetta non di indicazioni allarmanti (health warnings) bensì specifiche sul consumo moderato e responsabile. Infine, sarebbe opportuno accogliere l’emendamento che indirizza gli obblighi sulla sponsorizzazione sportiva specificatamente ai minori, evitando un divieto tout court”.

È quanto si legge nella lettera relativa al voto sul Piano anticancro inviata giovedì agli eurodeputati del Parlamento europeo dalle principali organizzazioni della filiera vitivinicola italiana – Alleanza delle Cooperative Italiane – agroalimentari, Assoenologi, Confagricoltura, CIA – Confederazione Italiana Agricoltori, Copagri, Federvini, Federdoc, Unione Italiana Vini. L’Italia del vino concentra quindi tutto il suo appoggio agli emendamenti presentati ieri in vista del voto, il 15 febbraio in sessione plenaria, sul “Cancer plan” che l’Unione adotterà per arginare la malattia. Nel report, redatto da una Commissione di europarlamentari (Beca), il vino, come altri prodotti agricoli, è protagonista in negativo: “non esiste una quantità sicura di consumo di alcol”, cita il rapporto per una tesi basata su un controverso studio Lancet di 4 anni fa. In caso di approvazione del rapporto senza gli emendamenti, per il vino si prospetta un futuro di forte ridimensionamento. Tra le proposte contenute nel testo, vi sono infatti l’istituzione di etichette con alert sanitari, le limitazioni sulla pubblicità, il divieto di sponsorizzazione di eventi sportivi, l’aumento della tassazione, la revisione della politica di promozione.

Ricordiamo che la Sicilia