World Pasta Day, Confagricoltura: il grano duro orgoglio Made in Italy e fulcro della sicurezza alimentare globale

Con una produzione di pasta pari a 4 miliardi di euro nel 2022 e 2,4 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2023 (in aumento del 6% sull’anno precedente), l’Italia detiene il primato globale, posizionandosi anche come primo esportatore. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra oggi, 25 ottobre. 

Per la fabbricazione di questo alimento, rappresentativo del Made in Italy nel mondo, è fondamentale partire dal frumento duro, noto per l’alto contenuto di glutine che conferisce alle farine una consistenza ideale per la produzione anche di pane e di una vasta gamma di prodotti da forno.

L’Italia è prima in Europa per la coltivazione di questo cereale con 1,3 milioni di ettari dedicati e una produzione pari a 3,8 milioni di tonnellate nell’anno in corso. Il nostro Paese detiene il primato da oltre dieci anni e per mantenerlo è necessario rafforzare i rapporti tra i singoli attori della filiera fino al consumatore finale. Recentemente, infatti, sono intervenute diverse minacce esterne alla sostenibilità della produzione.

Per garantire rifornimenti all’industria, l’Italia importa frumento principalmente da Canada, Unione Europea, Kazakistan, Russia e Stati Uniti. Le importazioni italiane, per la quasi totalità originarie da questi Paesi fornitori, sono aumentate di quasi il 70 per cento nei primi sette mesi di quest’anno.

Negli ultimi dodici mesi, le imprese agricole sono state colpite da una drastica diminuzione del prezzo medio all’origine del grano duro (-30%), passando da circa 480 euro per tonnellata a 336 euro per tonnellata. Dal momento che i costi di produzione non hanno seguito la stessa tendenza al ribasso iniziale, la competitività delle imprese italiane ne ha fortemente risentito. Secondo le più recenti rilevazioni di ISMEA sui prezzi dei mezzi di produzione, infatti, dallo scorso agosto 2022 fino a giugno 2023, i costi del frumento si sono ridotti solamente del 3% circa.

“Nel corso degli anni, il tasso di autoapprovvigionamento del frumento duro è stato costantemente superiore al 70%. Questo dato riflette la nostra resilienza nell’assicurare una produzione sostenibile e una solida capacità di far fronte alle sfide occasionali, legate al cambiamento climatico e ad equilibri geopolitici precari ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – Dobbiamo tuttavia evitare di perdere potenziale produttivo rafforzando la competitività delle imprese e i legami all’interno della filiera. Quest’anno in particolare, con il conflitto russo-ucraino ancora in corso e una situazione di forte instabilità in Medio Oriente, la Giornata Mondiale della Pasta ci invita a riflettere sull’importanza dei cereali, e del grano duro in particolare, per la sicurezza alimentare globale, fonte essenziale di nutrimento per milioni di persone nel mondo e risorsa imprescindibile per un’alimentazione sana e sostenibile, elemento caratteristico della Dieta Mediterranea. Non solo, mai come ora l’interdipendenza dei mercati è tangibile e bisogna restare al passo”.

Inoltre, le restrizioni legate all’entrata in vigore della riforma della Politica Agricola Comune (PAC) nel 2023 rappresentano un ulteriore ostacolo per le produzioni. Anche se nel breve termine molte imprese italiane potrebbero essere in grado di confermare i propri investimenti per un anno, obblighi come il regime di avvicendamento biennale potrebbero limitare la capacità di spesa. A questo proposito Giansanti ha commentato: “Confagricoltura ha contestato sin dall’inizio la rotazione obbligatoria prevista nell’ambito della nuova PAC. Ora siamo al lavoro per ottenere una nuova deroga, dopo quella concessa lo scorso anno in vista di una definitiva modifica dei regolamenti di base, a beneficio dei nostri produttori che non possono perdere competitività su un prodotto cruciale per la sicurezza alimentare, locale e globale, oltre che orgoglio italiano nel mondo”.

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Giornata mondiale dell’alimentazione, Confagricoltura: produrre di più con una minore pressione sulle risorse naturali

“L’acqua è una risorsa essenziale per la sicurezza alimentare globale. Un apporto idrico insufficiente riduce la produttività e i raccolti. In Italia, ad esempio, l’80% della produzione agricola complessiva proviene dal 20% delle aziende irrigue”, dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in occasione della Giornata dell’Alimentazione che si celebra oggi.

“Bene ha fatto la FAO a mettere al centro della riflessione l’acqua come fonte di vita e di cibo. Dobbiamo prepararci a produrre più cibo per rispondere alla domanda di una popolazione mondiale destinata a crescere di due miliardi di persone”.

“La sfida è assolutamente chiara”, prosegue Giansanti. “Produrre di più con una minore pressione sulle risorse naturali. Occorre puntare con maggiore decisione sulla diffusione delle innovazioni tecnologiche e digitali all’interno delle imprese agricole che producono per il mercato”.

“Con l’agricoltura di precisione è possibile ridurre sensibilmente il consumo di acqua, intervenendo al momento giusto e con la giusta quantità, annullando gli sprechi. Un grande apporto potrà arrivare dalle tecniche genomiche”.

La siccità ha provocato ingenti danni all’agricoltura su scala globale, rileva Confagricoltura.

Da ultimo, le stime sulla produzione di cereali in Australia e Canada sono state ridotte, rispettivamente di tre e due milioni di tonnellate. Secondo l’indice della FAO, le quotazioni del mais sono salite a settembre del 7% sul mese precedente, a causa dell’aumento dei costi di trasporto su chiatta negli USA per l’abbassamento dei livelli d’acqua del fiume Mississippi, dove transita gran parte del prodotto destinato all’esportazione.

I prezzi dello zucchero hanno raggiunto il livello più alto dalla fine del 2010, per la riduzione dei raccolti previsti in India e Thailandia.

“La ridotta disponibilità di acqua va inquadrata nel più ampio fenomeno del cambiamento climatico”, rileva il presidente di Confagricoltura.

“I dati diffusi dalla FAO sono impressionanti. Nel giro di trent’anni, gli eventi climatici eccezionali hanno provocato una perdita di produzione agricola e zootecnica nell’ordine di 3,8 trilioni di dollari. Vale a dire 123 miliardi in media l’anno, corrispondenti al 5% del PIL agricolo globale, con pesanti conseguenze anche sulla tenuta politica e sociale nei paesi più colpiti”.

“Il rapporto evidenzia che con maggiori investimenti e pratiche colturali più avanzate, è possibile ridurre i danni ed assicurare una maggiore sostenibilità dei sistemi agroalimentari”, conclude Giansanti.

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Export grano ucraino, Confagricoltura: l’UE lavori per tutelare i prezzi e i mercati interni degli stati membri

L’influenza dei flussi di grano ucraino sui mercati interni agli Stati membri è un tema che, per Confagricoltura, deve essere affrontato al più presto. Secondo i dati definitivi resi noti dalla Commissione europea, le esportazioni di settore dell’Ucraina verso il mercato UE, a fine 2022, hanno superato in valore i 13 miliardi di euro, circa 6 miliardi in più sull’anno precedente. 

Con un aumento complessivo dell’88% nell’arco di un anno, l’Ucraina è diventata il terzo fornitore di prodotti agroalimentari della UE, superando gli Stati Uniti. L’import di cereali, in particolare, si è attestato sui 4,6 milioni di tonnellate per un incremento di valore del 100%. Il risultato è che i prezzi negli Stati membri confinanti sono crollati, suscitando le proteste degli agricoltori.

Per sostenere l’attività agricola a seguito dell’invasione russa, lo scorso anno la UE ha proceduto alla sospensione dei dazi doganali sui prodotti agroalimentari in arrivo dall’Ucraina fino a giugno 2023. È già stata inviata al Parlamento e al Consiglio europei una proposta di proroga fino a giugno 2024.

Secondo Confagricoltura la soluzione dei problemi in atto va trovata in ambito europeo e in accordo con le autorità di Kiev. La politica commerciale rientra tra le competenze esclusive della Commissione europea. Le decisioni unilaterali degli Stati membri sono sempre contrarie alle regole dell’Unione, ma l’impatto determinato dallo straordinario aumento delle importazioni dall’Ucraina sull’agricoltura negli Stati membri confinanti richiede la massima attenzione.

Va anche garantito il transito dei prodotti ucraini nei “corridoi di solidarietà” aperti dalla UE per dare un’alternativa alle esportazioni ucraine dal Mar Nero. Da maggio a dicembre 2022 sono transitati 17 milioni di tonnellate di grano ucraino.

Infine, la Confederazione ricorda la necessità di salvaguardare e incrementare la presenza dei prodotti ucraini nel contesto delle iniziative internazionali per la sicurezza alimentare nei Paesi meno avanzati. Tenendo anche conto che le recenti contestazioni della Federazione Russa hanno fatto salire l’incertezza sul futuro dell’Accordo sul grano in partenza dai porti del Mar Nero.

Come segnalato nell’ultimo rapporto della FAO, resta aperta la sfida della sicurezza alimentare nei Paesi in via di sviluppo importatori netti di prodotti destinati all’alimentazione, a causa dell’aumento del debito pubblico e del deprezzamento del cambio delle valute locali nei confronti del dollaro USA e dell’euro.

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Rischio recessione in calo, Confagricoltura: notizia positiva ma resta incertezza sulla sicurezza alimentare

Stando alle previsioni illustrate oggi dalla Commissione europea, si è ridotto sensibilmente il rischio di una recessione economica nel corso di quest’anno. Per Confagricoltura si tratta di una notizia senz’altro positiva che sta a dimostrare la solidità e la reattività del sistema produttivo nella Ue e in Italia. Positivo anche l’andamento dell’indice FAO sui prezzi dei prodotti agroalimentari in calo da dieci mesi consecutivi. Nei confronti del picco di marzo 2022 la diminuzione sfiora il 2%, anche se l’inflazione resta elevata a livello globale (nonostante il calo dell’ultimo periodo per effetto della drastica contrazione in atto dei prezzi del gas).

Tuttavia, la Confederazione invita a non lasciarsi andare a facili entusiasmi dato che il quadro di riferimento resta incerto anche per quanto riguarda la sicurezza alimentare. Stando ad un documento congiunto diffuso in questi giorni dalle principali organizzazioni internazionali – tra le quali FAO, Banca mondiale e Organizzazione mondiale del commercio –, “l’approvvigionamento alimentare globale potrebbe scendere nel 2023 al di sotto del livello medio degli ultimi tre anni”.

A causa dell’invasione russa, i raccolti agricoli di cereali e mais in Ucraina sono previsti in calo di circa il 40%. La conseguenza sarà la riduzione delle esportazioni. Inoltre, a metà marzo scadrà l’accordo sull’export via mare di prodotti agroalimentari ucraini e il suo rinnovo non può esser dato per scontato. Grazie all’accordo in questione, reso possibile dalla mediazione delle Nazioni Unite, oltre 20 milioni di tonnellate di grano sono state finora destinate ai paesi meno avanzati.

Anche quest’anno spetterà all’Unione Europea di evitare con le proprie esportazioni agroalimentari l’instabilità dei mercati e scongiurare il rischio di una crisi alimentare su scala globale. Per l’Unione europea, il potenziale produttivo dell’agricoltura costituisce un asset strategico da salvaguardare.

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Grano, Confagricoltura: bene la ripresa dell’accordo da parte della Russia

“La ripresa della partecipazione all’accordo sul grano da parte della Federazione Russa è un’iniziativa apprezzabile per garantire sicurezza alimentare e contrastare l’instabilità dei mercati”.

Lo afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, a commento della conferma arrivata da Mosca.

“E’ necessario ora un po’ di tempo per ridare piena operatività all’accordo – aggiunge – considerato che attualmente sono ferme circa duecento navi nei porti dell’Ucraina in attesa dello svolgimento dei controlli previsti dall’intesa”.

In questo quadro, Confagricoltura ricorda la valenza dei corridoi di solidarietà europei attivati per dare un’alternativa terrestre o fluviale alle esportazioni di grano via mare dall’Ucraina. “Una soluzione che ha portato validi risultati – aggiunge Giansanti – perché da maggio a ottobre, secondo i dati della Commissione Ue, attraverso questi corridoi sono transitate 13 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari ucraini”.

“Auspichiamo che la ritrovata cooperazione  – conclude il presidente di Confagricoltura – possa riguardare anche il commercio dei fertilizzanti”.

 

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Etichettatura alimenti, l’Antitrust accoglie i rilievi di Confagricoltura e ribadisce i limiti del Nutriscore: è fuorviante per i consumatori e può indurre all’ingannevolezza

“Le decisioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) sul Nutriscore vanno nella direzione tracciata da Confagricoltura e confermano l’ingannevolezza del sistema francese e la sua contrarietà al Codice del Consumo”.

 

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, torna così sul tema in seguito alla pubblicazione delle decisioni con cui l’Antitrust ha riconosciuto che, in mancanza di contestuali e adeguati chiarimenti, il NutriScore potrebbe indurre in errore il consumatore sulle proprie scelte alimentari. In definitiva, viene riconosciuto che il NutriScore è caratterizzato da un’arbitraria classificazione degli alimenti, con una “parzialità nel giudizio che non incentiva il consumatore ad effettuare un’adeguata valutazione per seguire una dieta utile a soddisfare il quotidiano apporto di nutrienti”.

 

Significativo – rimarca Confagricoltura – che molte delle aziende coinvolte nell’indagine abbiano deciso di ritirare volontariamente dal mercato italiano, già nel corso del procedimento, i prodotti etichettati con il bollino francese.

 

In seguito alla decisione dell’Antitrust, chi utilizza il NutriScore dovrà obbligatoriamente specificare che esso non è universalmente riconosciuto dalla comunità scientifica, non tiene conto del fabbisogno e del profilo nutrizionale del singolo individuo, ed è relativo a 100 grammi di prodotto e non a una porzione di consumo.

 

“La delibera dell’AGCM è un passo avanti per la tutela del diritto del consumatore ad avere accesso ad informazioni chiare, complete e trasparenti per orientare correttamente le proprie scelte nutrizionali a tutela della salute. In assenza di questo intervento, il NutriScore si sarebbe potuto diffondere sul mercato alimentare italiano, malgrado l’assoluta contrarietà al sistema di etichettatura francese sostenuta dal nostro Governo, da tutte le forze politiche, dalla comunità scientifica, dagli agricoltori e dalle associazioni di consumatori”.

 

“Il NutriScore – conclude Giansanti – deve essere quindi accantonato, preferendo il Nutrinform Battery, che si basa su un principio molto diverso. È pertanto fondamentale che l’Italia, in vista della proposta ufficiale della Commissione Ue sul sistema di etichettatura fronte pacco, faccia sponda comune con i Paesi mediterranei per salvaguardare il nostro agroalimentare e valorizzare uno stile di vita sano e consolidato, promuovendo una corretta educazione alimentare invece che un sistema di etichettatura difettoso”.

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Ucraina, Giansanti: “Ottima notizia la partenza della prima nave carica di grano. Ora ripensare la PAC per garantire sicurezza alimentare”

Ieri mattina è partita da Odessa la prima nave carica di grano ucraino, a seguito dell’accordo firmato nei giorni scorsi in Turchia.

“E’ un’ottima notizia – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – perché solo con la ripresa a pieno regime delle esportazioni dal porto di Odessa il rischio di una crisi alimentare globale potrà essere scongiurato”.  Circa 20 milioni di tonnellate di grano, per un valore che sfiora i 10 miliardi di euro, potranno essere collocate sui mercati internazionali.

Secondo i dati della Commissione europea, le esportazioni agroalimentari dell’Ucraina sono ammontate lo scorso anno a 23,6 miliardi di euro e circa il 90% delle operazioni è stato effettuato via mare.

“Le partenze dal porto di Odessa hanno inciso per il 60% sul totale” – evidenzia Giansanti. Sempre secondo i dati della Commissione UE, oltre l’80% delle esportazioni agroalimentari dell’Ucraina è costituito da cereali e semi oleosi. Per quanto riguarda l’Unione europea, le importazioni di cereali ucraini rappresentano il 36% di tutto l’import del settore.

La Commissione ha reso noto nei giorni scorsi che, per quanto riguarda in particolare il mais, il prodotto ucraino rimasto bloccato nei porti a causa della guerra, è stato sostituito dal mais raccolto in Brasile, Canada e Stati Uniti.

“Si tratta di Paesi – sottolinea il presidente di Confagricoltura – dove prevale un atteggiamento positivo nei confronti delle innovazioni tecnologiche a supporto della produzione e dell’efficienza delle imprese. A livello europeo, invece, nella migliore delle ipotesi dovremo attendere fino al 2025 per ottenere l’inquadramento normativo delle nuove tecniche genomiche che consentono di salvaguardare le produzioni con una minore pressione sulle risorse naturali, a partire dall’acqua”.

“A seguito della guerra in Ucraina, lo scorso anno la Commissione europea ha consentito di derogare alle norme in vigore per aumentare la produzione di cereali, semi oleosi e colture proteiche. Le deroghe sono state prorogate anche quest’anno, anche a fronte di una siccità che ha tagliato le rese dei cereali con punte fino al 35% in Italia”.

“A questo punto, dovrebbe essere evidente a tutti che gli agricoltori e i consumatori non hanno bisogno di deroghe ripetute e temporanee, bensì di un complessivo ripensamento della politica agricola comune, nell’ottica della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale supportata dalla ricerca e dalle innovazioni”.

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Agrumi, dal 14 luglio Cold Treatment obbligatorio per le importazioni dai Paesi a rischio Falsa Cydia: una vittoria di Agrinsieme

Sarà applicato dal 14 luglio il nuovo Regolamento Ue (n. 959-2022) che obbliga al Cold Treatment le arance provenienti da Paesi in cui è presente la Falsa Cydia (Thaumatotibia Leucotreta). Un risultato importante, fortemente richiesto da Agrinsieme, il Coordinamento composto da Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Copagri e Alleanza delle Cooperative agroalimentari, e ottenuto grazie all’intensa e coesa attività di lobby, portata avanti con il gruppo di contatto agrumi che coinvolge Italia, Francia, Spagna e Portogallo, e con le amministrazioni nazionali.

Agrinsieme era intervenuta ripetutamente negli ultimi mesi presso le istituzioni europee sollecitando l’adozione di misure concrete ed efficaci in grado di prevenire i rischi fitosanitari derivanti dalle importazioni di agrumi. Una pressione esercitata sulla base delle informazioni contenute nell’analisi del rischio fitosanitario dell’Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante (EPPO), avallata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dai risultati della consultazione svolta dall’Organizzazione mondiale del commercio.

Le organizzazioni del Coordinamento hanno rivendicato questo “storico risultato” ottenuto in favore della salvaguardia delle produzioni nazionali ed europee anche nel corso dell’incontro del gruppo fitosanitario di Italia, Francia, Spagna e Portogallo. La riunione, svolta il 27 giugno scorso, si è conclusa con l’auspicio che i nuovi requisiti vengano estesi al più presto all’intero settore agrumicolo.

Considerato che il Cold Treatment è obbligatorio già da tempo per le esportazioni di agrumi dall’Ue verso Usa, Cina e Giappone, per il Coordinamento l’inserimento dell’obbligo nel regolamento rappresenta un primo passo verso il rispetto del principio di reciprocità.

C’è ancora molto lavoro da fare per garantire un’adeguata tutela fitosanitaria nel territorio europeo. L’attenzione di Agrinsieme resterà alta per scongiurare l’ingresso di pericolose fitopatie (quali la CBS – Citrus Black Spot) e per promuovere contromisure in grado di difendere le produzioni Ue.

 

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Agrinsieme è costituita dalle organizzazioni professionali Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, a loro volta riunite nella sigla Alleanza Cooperative Italiane – Settore Agroalimentare. Il coordinamento Agrinsieme rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate.

 

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Arance, accolta la richiesta dei produttori: trattamento a freddo obbligatorio per le importazioni da Paesi terzi

Le importazioni di arance sul mercato Ue da Paesi terzi in cui è presente la Thaumatotibia leucotreta (Falsa Cydia) saranno sottoposte ad un trattamento a freddo per garantire che siano esenti dall’organismo nocivo potenzialmente distruttivo delle produzioni agrumicole europee.

È stata approvata dal Comitato Permanente per la Salute delle Piante dell’Unione Europea (ScoPaff), accogliendo le pressioni dei principali Paesi produttori di agrumi, l’introduzione del trattamento a freddo obbligatorio da Paesi affetti dalla Falsa Cydia. La misura non riguarderà i mandarini, i pompelmi, poiché il rischio di trasmissione è considerato basso.

Lo ha stabilito nei scorsi giorni Bruxelles, accogliendo le pressioni dei principali Paesi produttori di agrumi di introdurre il trattamento a freddo per le importazioni extra Ue.

Si tratta di un grande risultato delle azioni svolte da Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative Italiane–Agroalimentari e CIA–Agricoltori Italiani, che nelle scorse settimane avevano sensibilizzato il Mipaaf, il Parlamento europeo e la Commissione Ue, in stretto collegamento con i principali produttori agrumicoli europei aderenti al Gruppo di Contatto ‘Agrumi’ (Spagna, Francia e Portogallo).

“Ringraziamo le istituzioni che si sono attivate a tutela di un comparto che rappresenta un’eccellenza agricola e posiziona l’Italia al secondo posto nella produzione europea (il primo produttore Ue è la Spagna) – affermano Alleanza delle Cooperative Italiane–Agroalimentari, Confagricoltura, e CIA–Agricoltori Italiani – Il lavoro avviato continua per estendere la misura preventiva ad altre produzioni agrumicole che potrebbero essere infestate dalla Thaumatotibia leucotreta”.

“ll trattamento a freddo, noto anche come cold treatment, – precisano le sigle agricole – è una misura già in atto per gli Stati Uniti e i Paesi Asiatici”.

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Export, volano i formaggi italiani nel mondo. Confagricoltura: “L’Europa diventi modello di riferimento per gli scambi internazionali”

Formaggi italiani in grande evidenza sui mercati internazionali. Secondo le cifre rese note dal CLAL, società di consulenza e servizi per il settore lattiero – caseario, nei primi cinque mesi di quest’anno le esportazioni verso gli USA sono ammontate a 13.635 tonnellate, con un balzo in avanti di oltre il 120% nel solo mese di maggio. L’Italia è il primo esportatore di formaggi sul mercato statunitense.

Sempre da gennaio a maggio, l’export verso Australia e Canada ha fatto registrare aumenti che sfiorano il 30% sullo stesso periodo del 2019.

“Per quanto riguarda il mercato canadese, con 2.627 tonnellate esportate, è stato conseguito il miglior risultato dal 2016, che è l’anno precedente all’entrata in vigore del CETA, l’accordo economico e commerciale tra UE e Canada” – evidenzia il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – Questi dati confermano, una volta di più, che il CETA è vantaggioso per l’agricoltura italiana”.

“Gli accordi commerciali sottoscritti dalla UE sono, in generale, un valido strumento per supportare la crescita delle esportazioni agroalimentari italiane” – sostiene Giansanti – anche per la tutela assicurata alle indicazioni geografiche. Prima del CETA, ad esempio, le denominazioni Prosciutto di Parma e Prosciutto San Daniele non potevano essere utilizzate sul mercato canadese”.

“Ora, però, serve un salto di qualità nella politica commerciale della UE nell’ottica della sostenibilità ambientale e della protezione delle risorse naturali”.

“L’Europa deve diventare un modello di riferimento su scala globale – sostiene il presidente di Confagricoltura – La clausola di reciprocità deve essere inserita negli accordi con i Paesi terzi. In sostanza, il mercato unico può essere aperto soltanto ai prodotti ottenuti con regole compatibili con quelle europee in materia di sicurezza alimentare, diritti dei lavoratori, sostenibilità ambientale e benessere degli animali”.

“Dobbiamo, inoltre, cominciare a lavorare per il varo di un sistema di certificazione ambientale dei prodotti agricoli. Per il Made in Italy – conclude Giansanti – sarebbe un riconoscimento aggiuntivo, oltre a quello consolidato e indiscutibile della qualità, per conquistare nuove posizioni sul mercato mondiale”.

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