Grano duro, Confagricoltura: “Fermare la speculazione e ritornare a un proficuo dialogo all’interno della filiera”

“Sulla corsa verso l’alto dei prezzi del grano duro può avere inciso una scommessa che sta ora producendo distorsioni lungo la filiera. Le notizie, forse filtrate ad arte, di ritorni su buoni livelli di produzione in Nord America, dopo la forte contrazione dello scorso anno, hanno spinto molti agricoltori italiani a vendere velocemente, generando così un eccesso di offerta sul mercato”.

A parlare così a margine dell’Assemblea generale di Confagricoltura è Carlo Maresca, presidente della Federazione nazionale cereali alimentari della Confederazione.

“In queste ultime ore si registra una repentina discesa del prezzo del grano duro che non trova giustificazioni in una campagna di raccolta che ha fatto segnare sul territorio nazionale un calo medio di produzione di circa il 30%. Il rischio, alimentato anche dalla grande speculazione finanziaria che approfitta della crisi internazionale in corso, è che ci sia un vero e proprio crollo nel valore del grano duro, che produrrebbe effetti devastanti per l’agricoltura nazionale”.

A proposito di speculazione, Confagricoltura ricorda che il mercato dei futures sulle materie prime – oro escluso – valeva, all’inizio del 2022, 390 miliardi di dollari, il 30% in più nel giro di un anno.

“Per questo – conclude il presidente Maresca – riteniamo necessario che ci sia in tutta Italia un’attenta verifica dell’andamento delle quotazioni sui diversi mercati. Dobbiamo in tutti i modi evitare che, ancora una volta, siano gli agricoltori a pagare dazio per manovre speculative che nulla hanno a che fare con uno sviluppo serio e sostenibile di un comparto strategico per l’economia italiana. Un comparto che, come tutta l’agricoltura, ha dovuto far fronte a un aumento dei costi di produzione senza precedenti e che, per evitare un tracollo, necessita della collaborazione tra tutte le parti della filiera”.

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Grano duro, prezzi in rialzo fino all’80% rispetto al 2021. Le prime stime produttive della campagna 2022 in Italia sono in leggero calo

Sono i dati emersi dai Durum Days di Foggia, l’evento che ha visto tutti i protagonisti della filiera fare il punto sulle previsioni del grano duro. In Italia pesano le incognite legate al clima; la produzione nazionale si attesterà al di sotto di 4 milioni di tonnellate.

Restano sostenuti i prezzi del grano duro, con quotazioni superiori di circa il 70-80% rispetto a un anno fa. A maggio il prezzo della Camera di Commercio di Foggia si è attestato sui 544,50 €/t, un valore non distante dai picchi massimi toccati a gennaio 2022. È difficile al momento ipotizzare riduzioni di prezzo superiori al 15%, anche per il sostegno che arriva da condizioni sempre più critiche sul generale mercato dei cereali. In Europa il clima secco sta mettendo a rischio il raccolto di frumento duro, soprattutto in Francia, mentre in Italia le recenti piogge potrebbero non essere sufficienti a compensare la siccità dei mesi precedenti, anche alla luce dei ritardi delle semine, ed in considerazione dell’ondata di caldo che sta investendo il Paese. Le prospettive di riduzione dei prezzi per il grano duro, peraltro modeste, restano quindi subordinate ai rischi di ulteriore deterioramento delle produzioni per via dell’impatto climatico. La produzione nazionale faticherebbe a raggiungere i 4 milioni di tonnellate, facendo quindi registrare un leggero calo rispetto alla campagna precedente.

È questo il quadro che è emerso dai Durum Days 2022, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della campagna, svoltisi oggi a Foggia con la partecipazione dei rappresentanti di Assosementi, Cia – Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food e CREA, con Areté quale partner tecnico e con la partecipazione in veste di sponsor di Syngenta.

Secondo le previsioni elaborate da Areté, società di ricerca e consulenza specializzata nell’agri-food, dopo il pesante impatto della siccità che nella scorsa campagna ha compromesso oltre la metà del raccolto atteso in Nord America, anche per la campagna 2022/23 (che si apre a giugno 2022) le condizioni climatiche non ottimali stanno ipotecando le produzioni attese.

In Nord America (USA e Canada), i ritardi nelle semine e la siccità stanno limitando le potenzialità di rimbalzo dell’offerta, comunque significative dopo la produzione deludente della scorsa campagna. In Canada, dove l’aumento atteso delle aree seminate è superiore al 10%, le stime di Areté prevedono produzioni che non andranno oltre i 5,5 milioni di tonnellate: non certo un dato record, ma comunque un recupero importante rispetto al dato precedente di 2,6 milioni di tonnellate.

Tornando invece alle previsioni di resa del grano duro per l’Italia, sono pesanti le incognite legate ai cambiamenti climatici. Secondo il Centro di Cerealicoltura e Colture Industriali del CREA, il più importante ente di ricerca dedicato all’agroalimentare, “nelle regioni meridionali, le semine scalari di inizio stagione, dovute alle abbondanti precipitazioni, unitamente alle basse temperature del periodo primaverile hanno provocato un allungamento del ciclo della coltura, costringendola ad una fase di riempimento della granella con temperature in forte aumento. Pertanto, in questi areali, se le condizioni meteorologiche permangono stabili, la produzione media attesa potrebbe essere limitata per effetto della “stretta”. Nelle regioni centro-settentrionali, superato l’allarme siccità del periodo invernale-primaverile, al momento la coltivazione si presenta in buone condizioni anche dal punto di vista fitosanitario. Resta anche al Nord l’incognita meteorologica delle prossime settimane che potrebbe influenzare ancora la produzione finale.

 

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Fertilizzanti, Confagricoltura: serve iniziativa europea per evitare ulteriore aumento dei prezzi e il crollo delle produzioni agricole

“La carenza di fertilizzanti avrebbe un impatto devastante sulla quantità e sulla qualità delle produzioni agricole a livello mondiale. Serve un’iniziativa in ambito europeo – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – per far fronte a una situazione che non sarà di breve durata, a causa dello straordinario aumento del prezzo del gas”.

Negli ultimi giorni – segnala Confagricoltura – si sono registrati ripetuti annunci di tagli dell’attività da parte delle principali imprese produttrici di fertilizzanti. Alla chiusura di alcuni stabilimenti nel Regno Unito, si è aggiunto l’annuncio del taglio del 40% della produzione in Europa da parte di uno dei principali produttori a livello mondiale di ammoniaca – da cui si ricavano i fertilizzanti – e primo operatore italiano del settore. In Italia, il mercato dei fertilizzanti vale circa un miliardo di euro.

“Il settore agricolo è già sottoposto a una crescita record dei costi di produzione che non vengono generalmente trasferiti sui prezzi di cessione dei prodotti” – sottolinea Giansanti.

“L’ulteriore aumento dei prezzi dei fertilizzanti, o addirittura una prolungata carenza, porterebbe fuori controllo la situazione sotto il profilo economico e produttivo, con possibili ripercussioni sociali nei Paesi meno avanzati, dove la spesa per l’alimentazione ha un’incidenza elevata sul costo della vita”.

“A livello mondiale, ci sono segnali di vero e proprio accaparramento. In questa situazione di emergenza – puntualizza il presidente di Confagricoltura – andrebbe anche valutata l’ipotesi di procedere con acquisti centralizzati di fertilizzanti da parte dell’Unione europea”.

“In Italia l’uso di prodotti chimici è in costante calo da anni – conclude Giansanti – ed è in atto un processo condiviso tra agricoltura e industrie di settore per una accresciuta tutela delle risorse naturali, grazie alla ricerca, alle innovazioni e agli investimenti”.

“Occorre, però, essere consapevoli che i fertilizzanti continuano ad essere fondamentali per ottenere quantità e rese adeguate. E livelli qualitativi in linea con le esigenze del mercato”.

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Grano duro: incertezza su campagna 2020 mentre cresce la domanda di frumento italiano e di qualità

Se ne è parlato oggi nella Webinar del Durum Days, alla presenza di tutte le sigle della filiera. Iniziale impennata dei consumi di pasta con il lockdown (+40% a marzo), prevista ulteriore contrazione delle riserve mondiali (-27%) di frumento duro, mentre la siccità mette a rischio quantità e qualità del prossimo raccolto.

 

La filiera del grano duro e della pasta è riuscita durante l’emergenza COVID19 a rispondere all’improvviso picco di domanda garantendo costantemente le forniture sul canale distribuzione, pur trovandosi a fronteggiare difficoltà logistiche e un aumento complessivo dei costi di produzione. Sforzo che non mette però al riparo da tensioni, visto che le scorte di grano duro a livello mondiale continuano a calare, il prezzo è da mesi in rialzo e sulla qualità della prossima campagna produttiva incombono non poche preoccupazioni. È questo il quadro che emerge dal Durum Days 2020, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della prossima campagna produttiva e che ha visto in questa quinta edizione confrontarsi via web Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food, con la partnership tecnica di Areté, con la collaborazione del Crea e con la partecipazione in veste di sponsor di Syngenta-PSB.

La filiera del grano duro – è emerso da uno studio elaborato dall’istituto di ricerca Areté e presentato per l’occasione – è alle prese con uno scenario non facile e assai imprevedibile, contraddistinto da fattori mutevoli e contrastanti; sul fronte della domanda, accanto all’azzeramento del canale della ristorazione, la grande distribuzione tra marzo ed aprile ha visto crescere i consumi di pasta del 24%. I picchi di aumento dei consumi (fino a oltre il +40%) registrati a marzo si sono però altrettanto repentinamente contratti fino ad attestarsi, già a partire da fine aprile, a cali fino al 10% rispetto alla stessa settimana dell’anno precedente.

Quando la domanda è schizzata in alto, la filiera industriale si è subito messa in moto a ritmi sostenuti. La produzione di semola nei due mesi di lockdown ha avuto una crescita a due cifre (+15%), mentre molti pastifici, in alcune settimane, hanno raggiunto ritmi di produzione superiori al 100% della loro capacità, ottenuti attraverso una rimodulazione dei turni e una riduzione dei formati lavorati. L’introduzione delle procedure per garantire la sicurezza dei lavoratori e delle produzioni, nel rispetto delle indicazioni del Governo, ha comportato strozzature e rallentamenti logistici lungo tutta la filiera, con un conseguente aumento generale dei costi di produzione.

Gli sforzi produttivi di questi mesi hanno contribuito a soddisfare la domanda dei consumatori in un momento di emergenza, ma a monte della filiera pasta rimane un mercato del grano duro con scorte ai minimi degli ultimi dieci anni e che, secondo le stime di Areté, saranno ancora in calo del 27% anche nel corso della prossima campagna. Il tutto in presenza di prezzi del grano duro che, all’inizio del lockdown, erano superiori del 25% rispetto all’anno precedente.

Pertanto, anche per la prossima campagna il mercato rimane scarsamente approvvigionato, nonostante il leggero aumento delle superfici seminate in Italia rispetto alla campagna precedente (+6%) che, a parità di rese, daranno un analogo incremento produttivo. Ma c’è preoccupazione per la qualità del prossimo raccolto, per via della prolungata siccità. Ciò in uno scenario che vede crescere nel nostro Paese la richiesta di frumento di qualità e di origine italiana, in linea con l’attenzione crescente da parte dei consumatori verso la provenienza della materia prima e verso prodotti di qualità, di formati speciali e con più alto contenuto proteico.

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