Recovery, Confagricoltura: “Puntare sul Made in Italy”

“Numerose sono le difficoltà create da questa lunghissima pandemia a settori chiave della nostra agricoltura, ma abbiamo una grande opportunità da cogliere: le importanti risorse del “Next Generation EU”, che potrebbero riportare l’agroalimentare al centro dell’economia”. Lo ha detto oggi il vicepresidente di Confagricoltura, Sandro Gambuzza, intervenendo agli stati generali dell’agroalimentare italiano “RESTART AGRIFOOD!” in occasione del Glocal Economic Forum ESG89.

(Clicca qui per l’intervento del vice-presidente di Confagricoltura – Min. 1:18:00)

Occorrono riforme strutturali del comparto agricolo al passo con i tempi e che considerino importanza del settore nella crescita dell’economia del Paese. L’agricoltura, ricorda Confagricoltura, rappresenta 33 miliardi di valore aggiunto ed il 75% dei prodotti che consumiamo sono fatti in Italia.

“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato – mette in evidenza Sandro Gambuzza – va riadattato: dovrà guardare con ambizione e visione ad un futuro capace di garantire sovranità e sicurezza alimentare, produzione di cibo con i più alti standard qualitativi, preservando le risorse naturali. Invece, attualmente, per il settore agroalimentare, le risorse assegnate sono pari a meno dell’1% del contributo dell’intera filiera sul PIL”.

Innovazione, transizione digitale, sostegno alla filiera agroalimentare, transizione verde, ricerca e formazione, uniti a riforme strutturali e infrastrutturali dell’amministrazione per ridurre gli oneri burocratici a carico delle imprese, per Confagricoltura, sono i pilastri su cui costruire il futuro del settore primario italiano.

“L’agricoltura – conclude Gambuzza – non è un comparto a sé stante, ma è trainante per l’economia nazionale, europea e mondiale. Aver accesso alla tecnologia e contemporaneamente promuovere il Made in Italy ci permetterebbe di riconquistare fette di mercato, che rischiano di essere occupate da prodotti di provenienza terza con standard a ridotti controlli”.

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Agroalimentare siciliano in crescita grazie all’export: giro d’affari da 1,2 miliardi

I dati sull’agroalimentare siciliano dell’Industry Book, analisi condotta dal Corporate Marketing di UniCredit

In Sicilia il contributo dell’agroalimentare al Pil è pari al 5,3%. Il numero di imprese attive nel Food & Beverage è pari a 7.844 (dati al 30 giugno 2018) e il valore dell’export è pari a circa 1,2 miliardi di euro.

Anche in Sicilia è stata la domanda estera a sostenere il settore: le esportazioni sono cresciute in dieci anni del 68%, con un tasso medio annuo del 4,8%: il contributo maggiore è venuto dal F&B, le cui vendite all’estero sono aumentate del 73% contro il 63% dell’agricoltura.

Sono alcuni dei dati rilevati dall’Industry Book, analisi condotta dal Corporate Marketing di UniCredit sulla base di dati macroeconomici e analisi di bilancio delle imprese, presentato giovedì a Catania nel corso del Forum delle Economie Agrifood, organizzato da UniCredit, per stimolare il confronto e individuare strategie di sviluppo coinvolgendo associazioni di categoria e, soprattutto, aziende del comparto e buyer stranieri.

I mercati di sbocco dell’export sono in aumento ma ancora troppo concentrati: i primi quattro (Francia, Germania, Stati Uniti e Svizzera) assorbono infatti oltre il 50% dell’export totale.

La Sicilia è la prima regione italiana per superficie agricola dedicata al biologico (427.294 ettari su totale nazionale 1.908.653) e numero di operatori (11.626 su totale nazionale di 75.873). L’incidenza percentuale delle superfici biologiche sul totale delle superfici coltivate supera il 30% (31,1% contro una media nazionale del 15,4%).

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