World Durum and Pasta Forum, Giansanti: dare valore alla filiera per promuovere il prodotto italiano

“Nel 2012 il tasso di autoapprovvigionamento del grano duro era al 78%, nel 2023 è sceso al 56% e nel 2024 con ogni probabilità si chiuderà sotto il 50%, condizionato dalle avversità climatiche che hanno inciso sulle rese per ettaro. Anche il valore della produzione è calato, influenzato dalle importazioni”.

Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, al primo World Durum and Pasta Forum, oggi a Roma a Palazzo Brancaccio, dove si è data voce a un pilastro della produzione agroalimentare italiana, simbolo della dieta mediterranea e del Made in Italy a tavola, insieme ai più importanti attori della filiera ed esperti internazionali per una panoramica anche sui mercati globali.

L’Italia è il primo produttore mondiale di pasta e il primo esportatore con quasi 4 miliardi di euro. 

“Nonostante la nostra produzione di frumento duro sia leader in Europa, – ha detto Giansanti – per garantire la sostenibilità della nostra industria siamo costretti a importare grano dall’estero. Questa necessità è una testimonianza della complessità delle catene di approvvigionamento alimentare globali e dell’interdipendenza economica tra nazioni”.

 “Dare valore alla filiera significa rafforzare il rapporto tra agricoltura e industria orientando il nostro prodotto su una sempre maggiore qualità che va comunicata meglio. Dobbiamo saper costruire valore e valori. Per questo – ha concluso Giansanti – Confagricoltura e UnionFood hanno stretto un’alleanza che, su questo comparto, mira a far tornare il tasso di autoapprovvigionamento ai livelli più alti. Il Governo ci crede e sta investendo nelle filiere: la relazione, l’aggregazione sono le chiavi per raggiungere i risultati”.

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Confagricoltura, cannabis (DDL Sicurezza): emendamento frenerebbe una filiera dinamica, a trazione giovanile e aderente alla bioeconomia

Confagricoltura esprime perplessità per l’emendamento proposto dal Governo (art. 13 bis), al Decreto Legge Sicurezza, che intende vietare la coltivazione, la lavorazione e la vendita delle infiorescenze della canapa (anche quella a basso contenuto di THC) e dei suoi derivati, per usi diversi da quelli espressamente indicati dalla normativa.

L’approvazione dell’emendamento rappresenterebbe un duro colpo al Made in Italy agroindustriale, nei confronti di una filiera rigogliosa e promettente, trainata dall’imprenditoria giovanile e aderente ai principi della bioeconomia, avvantaggiando l’accesso al mercato di altri Paesi produttori.

La più antica Associazione di rappresentanza delle imprese agricole, da Palazzo della Valle, sottolinea come si verrebbero a vanificare gli sforzi effettuati dalla filiera italiana della canapa industriale (che coltiva le sole varietà ammesse a livello europeo, ossia quelle a basso contenuto di THC), volti a valorizzare tutte le parti della pianta (semi, fibre e, appunto, infiorescenze). In questo modo, si penalizzerebbe una filiera solida, grazie anche alle ottime condizioni climatiche offerte dal nostro territorio (forse le migliori in Europa).

L’infiorescenza rappresenta la parte della pianta di maggior valore industriale e, quindi, più interessante per i produttori. Qualora la proposta andasse avanti, negherebbe agli agricoltori la possibilità di gestire tale prodotto, limitando di fatto l’accesso al mercato delle imprese italiane.

D’altro canto, dalla recente Conferenza dell’EIHA (European Industrial Hemp Association), che riunisce i principali attori europei ed extra europei del settore, è emerso un quadro internazionale molto dinamico. Paesi come Germania, Austria, Spagna, Belgio, Estonia, Francia, ad esempio, stanno investendo in maniera importante sulla canapa nella filiera alimentare (semi/proteine), in quella tessile (fibra) e da costruzione (canapulo). Confagricoltura chiede, dunque, una riflessione sull’emendamento al fine di individuare le opportune proposte per dare continuità a un importante settore dell’economia agricola ed industriale italiana.

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Mais, in vista della nuova stagione di semina firmato accordo di filiera per sostenere i prezzi all’origine del prodotto italiano certificato

Cambiamenti climatici e basse quotazioni sui mercati sono i principali ostacoli che il comparto mais italiano sta affrontando. Tanto che le imprese del settore, fondamentale anche per la zootecnia e molte produzioni a indicazione geografica di qualità, si ritrovano con redditi erosi da prezzi all’origine sempre più vicini ai costi di produzione. Lo scorso gennaio, infatti, il calo delle quotazioni ha superato il 36% a fronte di costi che restano sostanzialmente elevati.

Dopo le forti piogge di febbraio e la neve su Alpi e Prealpi, gli agricoltori del comparto sono in attesa delle migliori condizioni del terreno per iniziare le nuove semine.

Per sostenere produzione e prezzi nasce l’accordo quadro che, su iniziativa di Confagricoltura, ha raccolto intorno allo stesso tavolo tutti gli anelli della filiera. Oltre alla Confederazione hanno aderito AMI, Assalzoo, Compag, AIRES, Copagri, Cia-Agricoltori italiani, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Assosementi e Origin Italia.

L’intesa prevede due punti fondamentali a sostegno di un settore che vale circa 130 miliardi di euro. Il primo è il riconoscimento di una premialità economica per la granella certificata e per i processi produttivi sostenibili. Parallelamente, le parti firmatarie si impegnano a definire il prezzo di acquisto anche legandolo all’andamento delle quotazioni delle borse merci.

Gli obiettivi sono diversi: favorire la coltivazione del granturco italiano anche per migliorare il tasso di autoapprovvigionamento ormai in calo continuo e praticamente dimezzatosi negli ultimi quindici anni; favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta; valorizzare il ruolo delle strutture intermedie; spingere verso una maggiore programmazione produttiva anche attraverso la stipula di contratti di filiera.

Si tratta del primo contratto in Italia che esprime la volontà da parte dell’intera filiera maidicola di riconoscere il giusto prezzo al prodotto italiano di qualità. Strategia che si affianca ai sostegni di parte pubblica, primo fra tutti il Fondo competitività per le filiere agricole, al quale si è aggiunto recentemente il Fondo sovranità alimentare.

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Milano, Confagricoltura porta l’Agritech al Wired Next Fest

Garantire un approvvigionamento alimentare sicuro e accessibile, riducendo l’impatto ambientale, affrontando i cambiamenti climatici e le crisi internazionali e tutelando tutta la filiera, dai produttori ai consumatori: questi i temi che Confagricoltura porta al Wired Next Fest, sabato 7 ottobre, al Castello Sforzesco di Milano.

Ne discuteranno Deborah Piovan, presidente della Federazione Nazionale Proteoleaginose di Confagricoltura, ma anche divulgatrice scientifica e scrittrice, e Luca Travaglini, co-fondatore e co-CEO del Gruppo Planet Farms, specializzato in agricoltura verticale, insignito del Premio nazionale per l’Innovazione in Agricoltura di Confagricoltura.

I due relatori saranno protagonisti nel talk dal titolo “Un piano globale per il cibo”, in programma alle ore 14.55, dove affronteranno i temi del miglioramento genetico e delle tecniche di evoluzione assistita (TEA), da un lato, e l’ausilio di tecnologie innovative per ridurre il consumo di risorse naturali e additivi chimici, dall’altro. Due approcci diversi con un obiettivo comune: potenziare e ottimizzare l’agricoltura, garantendo cibo sicuro a sempre più persone.

“L’innovazione è la via per rispondere alle sfide che interessano il sistema del cibo – ha dichiarato Deborah Piovan –. Le TEA, in particolare, rappresentano uno strumento utile per far fronte ai mutamenti climatici e a geometrie geopolitiche in continuo cambiamento. Solo promuovendo la ricerca scientifica e il dialogo tra tutti i componenti della società, dai produttori ai consumatori, passando per gli scienziati e le istituzioni, è possibile trovare soluzioni sostenibili per l’ambiente e l’economia. Auspichiamo che venga approvata al più presto, a livello europeo, una disciplina che regoli la ricerca genetica fungendo da stimolo per la competitività e l’innovazione nel comparto”.

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Caro pasta, il vicepresidente di Confagricoltura Lasagna al MIMIT: auspichiamo dialogo costruttivo per garantire valore a tutte le parti della filiera

“Promuovere una riflessione comune finalizzata a combattere il clima di sfiducia che rischia di diffondersi all’interno e tra i singoli attori della filiera, imprese agricole comprese, e a riconoscere un giusto prezzo della materia prima per dare valore a tutte le parti della filiera. La riunione di oggi è sicuramente un primo grande passo verso questa direzione”.  Lo ha affermato il vicepresidente di Confagricoltura, Matteo Lasagna, intervenuto alla Commissione di allerta rapida convocata al MIMIT questo pomeriggio dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, per un’analisi sui rincari della pasta, aumentata di circa il 17% rispetto all’anno scorso, in un contesto caratterizzato dalla riduzione del prezzo del grano duro e dalle dinamiche variabili dei costi dell’energia e degli altri fattori della produzione. 

“La recente evoluzione delle quotazioni di mercato a livello nazionale sta preoccupando non poco gli agricoltori, che – ha precisato Lasagna – nonostante le recenti inversioni di tendenza, stanno ancora patendo il forte aumento dei costi di produzione affrontato nell’ultimo anno. Per il grano duro, nelle ultime settimane i prezzi all’origine si sono contratti notevolmente, con riduzioni che hanno raggiunto il 10% su base settimanale”. 

La questione della tenuta del prezzo pone un serio problema di approvvigionamento. Confagricoltura rimarca che, mentre negli ultimi anni si era assistito a un miglioramento del tasso di autoapprovvigionamento per il grano duro, la minore remunerazione della materia prima potrebbe indurre a una contrazione delle semine e della produzione nazionale che, a sua volta, potrebbe concludersi in un maggiore ricorso alle importazioni. L’Italia, – ricorda la Confederazione – è il primo produttore mondiale di pasta, ma è ancora fortemente dipendente dall’import di materie prime. 

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Agrinsieme, si rafforza la filiera: accordo con Federalimentare. Giansanti nuovo presidente

Il coordinamento di Agrinsieme, nato all’inizio del 2013, giunto a un passo dal primo decennio di attività, conferma e rafforza la comunanza di intenti e di lavoro tra i soggetti che rappresentano l’intera filiera e che vogliono trovare nuovi modelli di sviluppo rispetto alle sfide del mercato, soprattutto in un contesto economico che risente delle conseguenze della pandemia.

E’ quanto emerso nella conferenza stampa di ieri a Palazzo Della Valle a Roma, per il passaggio di coordinamento di Agrinsieme da Copagri a Confagricoltura. Il Coordinamento, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delleCooperative Agroalimentari, rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole del Paese e il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, con oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate, contribuendo in tal modo al 35% circa del fatturato agroalimentare italiano.

Ad arricchire il percorso di Agrinsieme, l’intesa siglata ieri con Federalimentare, la Federazione italiana dell’industria alimentare, con cui i singoli soggetti del Coordinamento, insieme ad altri del comparto della distribuzione, avevano già condiviso l’impegno e i valori della “buona impresa” nei primi mesi dell’emergenza sanitaria.

Con l’accordo odierno, Agrinsieme e Federalimentare si impegnano a coadiuvare le istituzioni e le forze politiche per il superamento della grave crisi economica, sociale e sanitaria, ma anche a promuovere azioni che possano contribuire a migliorare l’attuazione del Recovery Plan attraverso una corretta relazione tra tutti i soggetti del settore. Con l’intesa, inoltre, ogni singolo soggetto si attiverà a mettere in atto iniziative per valorizzare la filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, garantendo sicurezza, tracciabilità e qualità degli alimenti. Indispensabili, a riguardo, saranno la tecnologia e la ricerca applicate all’agricoltura e lo sviluppo di best practice di filiera che possano valorizzare il Made in Italy sui mercati.

“Innovazione e sviluppo sostenibile saranno i principali temi sui quali si concentreranno le attività del Coordinamento per il prossimo biennio 2021-22, fermo restando che i processi dovranno essere accompagnati da adeguate politiche di crescita e programmazione. Lavoreremo per cercare di raggiungere il più possibile l’autosufficienza alimentare, che porterebbe il PIL agroalimentare a oltre 700 miliardi e l’export a più di 50 miliardi” – ha affermato il neo coordinatore Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, subentrato oggi a Franco Verrascina, presidente di Copagri, che ha guidato Agrinsieme negli ultimi due anni e mezzo.

“E’ stato per me un onore coordinare Agrinsieme in un momento molto delicato per il Paese; nonostante il lasso di tempo relativamente breve che mi ha visto alla guida, infatti, ci siamo trovati a dover interloquire con tre diversi esecutivi, confrontandoci con sfide e problematiche sempre più complesse e imprevedibili. Lascio un Coordinamento più unito e coeso, forte delle numerose iniziative messe in campo sul versante della PAC e in particolare delle infrastrutture, tema che ha rappresentato il trait d’union del mio mandato e che è stato al centro di tre partecipati incontri a Roma, Bologna e Matera. Ricordo con piacere, inoltre, i positivi risultati ottenuti sulle principali problematiche delle filiere, quali la Xylella e la cimice asiatica, ma anche gli interventi a favore del florovivaismo e delle cosiddette filiere minori”, ha detto Franco Verrascinaintroducendo i lavori.

“Il settore alimentare non è stato esente dal grande terremoto provocato dalla pandemia, – ha affermato Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare – ma rimango tuttora convinto che sia uno dei comparti che può fare la differenza per la ripresa e per lo sviluppo del nostro Paese. Ora è necessario ripartire ed entrare in una nuova fase, una fase in cui sostenibilità ambientale, sociale ed economica da un lato e la ricerca, l’innovazione e la digitalizzazione dall’altro sono la base di tutta la strategia a venire, in ogni campo. Per quanto riguarda il nostro, come industria del food&beverage siamo pronti a lavorare in cooperazione con tutta la filiera agricola per affrontare queste nuove sfide, tenendo sempre ben presente l’obiettivo: mantenere alta la qualità dei prodotti Made in Italy e difendere i pilastri della dieta mediterranea”.

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Agrinsieme è costituita dalle organizzazioni professionali Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, a loro volta riunite nella sigla Alleanza Cooperative Italiane – Settore Agroalimentare. Il coordinamento Agrinsieme rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate.

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Ambiente, Confagricoltura: “Agricoltori garanti della biodiversità”

“Facciamo nostro il monito del Presidente Mattarella che ‘la ricchezza della diversità biologica è per le nostre società fonte di resilienza’. Ricordiamo che l’Italia vanta un ricco patrimonio di biodiversità e gli agricoltori, con il loro lavoro, sono i principali garanti delle risorse naturali”. Lo sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente (istituita dalle Nazioni Unite) celebrata ieri e che quest’ anno è stata incentrata sui temi della biodiversità, con lo slogan “E’ il momento della Natura”.

Il nuovo “Annuario dei dati ambientali” di Ispra pone in evidenza che l’Italia è tra i Paesi europei più ricchi di biodiversità e con livelli elevati di endemismo (specie esclusive del nostro territorio) – osserva Confagricoltura –. Dal rapporto emerge pure l’implementazione della rete Natura 2000 che senz’altro rappresenta un significativo contributo alla tutela della biodiversità.

In queste aree del nostro territorio – oltre 9 milioni di ettari, pari a circa il 30% della superficie nazionale – operano tantissimi agricoltori che, con le loro attività economiche perfettamente inserite in questi contesti, con il loro impegno quotidiano, contribuiscono alla conservazione e valorizzazione della biodiversità.

“Preservare il patrimonio naturale significa gestirlo in modo lungimirante e non passivo – conclude il presidente di Confagricoltura Giansanti – Quindi occorrono politiche agricole, a livello europeo e nazionale, che favoriscano pratiche sostenibili e compatibili con la tutela della biodiversità, ma che al contempo garantiscano anche stabilità di mercato e giusta remunerazione di tutte le fasi della filiera. In questa direzione ci possono aiutare la ricerca e l’innovazione tecnologica applicate ad un’agricoltura moderna e competitiva, che migliori le performance e valorizzi l’ambiente, a vantaggio di tutta la comunità”.

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Pomodoro da industria, Confagricoltura: “Necessaria una programmazione con più certezze e tempi brevi”

“Servono certezza nella programmazione e un clima di condivisione e di massima trasparenza all’interno della filiera per rilanciare la produzione del pomodoro da industria, riconoscendo il giusto valore al prodotto made in Italy che rispetta tutte le certificazioni richieste dagli operatori a valle della filiera”. Lo ha detto Fabrizio Marzano, presidente della Federazione nazionale del pomodoro da industria di Confagricoltura, che si è riunita ieri a Palazzo Della Valle.

“E’ inconcepibile che ogni anno non si riesca ad avere per il 31 gennaio una programmazione concordata delle superfici investite a pomodoro – ha proseguito il presidente della Federazione -. La mancanza di indicazioni in tempo utile nuoce alle aziende agricole, non consentendo loro di pianificare in maniera adeguata la produzione”. Ha sollecitato quindi a definire rapidamente la programmazione per la prossima campagna, per la quale si registra già un notevole ritardo.

“Confagricoltura – ha concluso Fabrizio Marzano – ha sempre evidenziato che una corretta programmazione delle superfici a pomodoro dovrebbe avere un arco temporale più ampio, non annuale, ma triennale, così da consentire la definizione di un corretto piano di investimenti aziendali”.

 

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Grano duro, pasta: urgente produrre più frumento in Italia con filiera forte e corretta informazione

La presa di posizione di Italmopa sulla necessità di importare grano duro per la pasta, vista la carenza di materia prima in Italia, mette nuovamente in luce due priorità: da un lato la creazione di una filiera tricolore del grano duro, dall’altro l’esigenza di una corretta informazione ai consumatori in relazione al flusso delle importazioni di quantitativi di grano dall’estero.

Lo afferma Confagricoltura, che sul tema è intervenuta da tempo sollecitando la creazione di una filiera del grano duro – pasta, con gli obiettivi di arrivare a produrre più materia prima in Italia, tenendo ben presenti le esigenze dei consumatori, sempre più attenti alla provenienza e alla qualità delle materie prime.

In questo contesto, l’Organizzazione degli imprenditori agricoli plaude e partecipa alla recente iniziativa del Mipaaft sull’istituzione di gruppi di lavoro al Tavolo di filiera grano duro – pasta, dedicati a qualità e sistema cerealicolo nazionale; investimenti e aiuti per il rinnovo siti di stoccaggio; promozione e comunicazione; Commissione sperimentale prezzo indicativo grano duro.

Confagricoltura rileva come l’import di grano dal Canada nel corso degli ultimi quattro anni sia diminuito a favore di quantitativi dalla Francia e dal Kazakhstan: i paragoni tra i primi due mesi del 2019 rispetto agli stessi del 2018, infatti, evidenziano sì un aumento di entrate di grano duro dal Canada, ma perché nel 2018 erano crollate quasi a zero (cfr. tabella sottostante a cura del Centro Studi Confagricoltura).

Con l’accordo Ceta non c’è stata nessuna invasione di grano duro dal Canada – evidenzia Palazzo della Valle – e comunque il controllo sulla presenza di residui di sostanze chimiche resta affidato alle autorità italiane.

Il volume delle importazioni di frumento duro in Italia si aggira sempre intorno ai 2 milioni di tonnellate all’anno: sono soltanto cambiati i Paesi di provenienza della materia prima, tra cui la Francia, dove il glifosato continua ad essere utilizzato in linea con la normativa europea.

Assolutamente indispensabile che il nostro Paese aumenti la capacità produttiva di frumento duro per rispondere alle richieste dell’industria – insiste Confagricoltura – e in questa direzione la ricerca dovrebbe mettere a disposizione degli agricoltori sementi sempre più adatte alle caratteristiche pedoclimatiche delle nostre zone.  Inoltre dovrebbero essere incentivate la diffusione di innovazioni tecnologiche e la capacità di stoccaggio con il ritiro separato dei diversi prodotti, per valorizzarne la qualità. Soltanto così – conclude Palazzo della Valle – possiamo arrivare a nuovi modelli di contrattazione con le industrie del comparto.

Dati importazione grano duro in Italia

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Canapa, Confagricoltura: “Colmare vuoti normativi che penalizzano la filiera”

La Cassazione, con propria soluzione, afferma che non possono essere commercializzati prodotti a base di cannabis che abbiano un effetto drogante. Ma le varietà ammesse dalla legge 242/2016 non devono destare allarme, perché sono a basso contenuto di THC (che è la sostanza che produce l’effetto psicoattivo) con valori entro lo 0,2%. Riguardo all’effetto drogante la giurisprudenza si è ampiamente espressa negli ultimi anni escludendo dal campo di applicazione del DPR 309/90 sugli stupefacenti, i prodotti della canapa industriale con valori di THC entro lo 0,5%”. Commenta così Confagricoltura la decisione adottata ieri dalle Sezioni Unite della suprema Corte di Cassazione in merito alla commercializzazione dei prodotti della cannabis sativa.

“In attesa di conoscere le motivazioni, riteniamo che la decisione della Cassazione non debba essere letta come divieto generalizzato di vendita dei prodotti a base di canapa industriale – sottolinea Confagricoltura -. In ogni caso il Parlamento, il Governo ed i Ministeri competenti dovranno intervenire al più presto per perfezionare la normativa, ad esempio regolamentando i prodotti nutraceutici e cosmetici a base di cannabinoidi quali il CBD e definendo i livelli massimi di THC ammessi per gli alimenti, che vanno stabiliti con un decreto del ministero della Salute che aspettiamo ormai da quasi due anni.

“Ci preoccupa il fatto che la sentenza possa introdurre ulteriori incertezze – prosegue Confagricoltura -. Abbiamo una filiera produttiva importante che non può essere smantellata per i vuoti normativi. Non è più accettabile che il settore della coltivazione e della trasformazione della canapa debba continuamente raffrontarsi con giudizi e sentenze che spesso rimettono in discussione l’intero apparato normativo del settore”.

“Riteniamo – conclude Confagricoltura – che la canapa industriale, nell’interezza della pianta (fusto foglie, semi, fiori), abbia tutti i requisiti e le potenzialità per soddisfare le diverse domande dei nuovi mercati della bioeconomia (integratori alimentari, nutraceutici, biocosmesi, bioedilizia, bioplastiche, bioenergie) e che oggi, con i circa 5.000 ettari coltivati in Italia, sia una realtà produttiva importante che merita di essere tutelata e salvaguardata”.

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