Grano duro, nel 2024 attese in Italia 3,5 milioni di tonnellate (- 8%). Previsioni al rialzo nei Paesi extra-UE, Canada + 40%

Sono i dati emersi dai Durum Days di Foggia, il consueto appuntamento internazionale con tutti i principali protagonisti del comparto. Per Confagricoltura, presente il componente della Giunta nazionale Filippo Schiavone

16 maggio 2024 – Nel 2024 la produzione nazionale di grano duro dovrebbe attestarsi, secondo le previsioni del CREA, intorno alle 3,5 milioni di tonnellate, con un decremento del 10-15% rispetto alla media di lungo periodo e un calo dell’8% su base annua. Ad incidere in maniera significativa sul calo produttivo, oltre alla riduzione della superficie coltivata e alle difficoltà legate alle tensioni internazionali, sono state le condizioni climatiche sfavorevoli, che hanno interessato principalmente l’areale meridionale di coltivazione; molto complicata, infatti, è la situazione della Sicilia, soprattutto se confrontata con la produzione dello scorso anno, così come quella della Puglia e della Basilicata, il cui potenziale produttivo è stato in parte compromesso. In tutto il resto delle regioni italiane, invece, le condizioni della coltura sono ottime e le stime produttive risultano molto buone. In queste aree l’unica incognita è legata all’andamento meteorologico delle prossime settimane, che potrebbe compromettere lo stato fitosanitario della coltura.

È quanto è emerso da una prima analisi sulle previsioni della produzione di grano duro attesa in Italia e nel mondo presentate oggi alla Camera di Commercio di Foggia, nell’ambito dell’edizione 2024 dei Durum Days, l’evento internazionale organizzato dai principali protagonisti del comparto, a poco meno di un mese dall’inizio delle operazioni di raccolta nei campi. L’iniziativa è organizzata e promossa da Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Fedagripesca Confcooperative, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food, con il patrocinio della Siga (Società Italiana Genetica Agraria), la collaborazione del Crea e la partecipazione tra i relatori di Areté e ICG (International Grains Council) e degli sponsor Basf e Corteva.

Rispetto al quadro internazionale sulle produzioni mondiali di grano, delineato dagli analisti di Areté, dopo il calo dello scorso anno, le produzioni di grano duro a livello mondiale quest’anno sono globalmente viste in ripresa, con aumenti nell’ordine del 10%, grazie alle maggiori produzioni di importanti paesi esportatori: Canada (+40%), Stati Uniti (+25%), Russia (+20%), Turchia (+5%). Si tratta di aumenti che contribuiranno a incrementare le scorte finali di grano duro a livello globale per valori anche superiori all’8-10%, percentuale che rappresenta il dato di consenso degli analisti. Le scorte finali resteranno tuttavia lontane dalle medie di lungo periodo. Tale contesto spiega bene le ragioni per cui i prezzi si manterranno lontani dai picchi registrati nelle ultime campagne, pur restando a valori storicamente alti.

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Dazi USA sui prodotti cinesi, Confagricoltura: si rischia guerra commerciale che potrebbe coinvolgere l’agroalimentare

Il drastico aumento dei dazi su alcune produzioni in arrivo dalla Cina che è stato annunciato negli USA è comprensibile sul piano economico. Sostenuta da generosi sussidi pubblici, la capacità produttiva cinese continua a superare largamente e in misura crescente la domanda interna: auto elettriche, pannelli solari, i semiconduttori Made in China hanno letteralmente invaso i mercati internazionali.

“Resta il fatto – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che la decisione dell’amministrazione USA rischia di innescare una guerra commerciale che può influire negativamente sull’andamento economico globale. La Cina ha già reagito, facendo sapere che adotterà ogni misura necessaria. Vale a dire, ritorsioni sulle importazioni dagli Stati Uniti”.

Secondo le ultime previsioni del WTO, gli scambi internazionali di merce dovrebbero crescere quest’anno solo del 2,6%, dopo la contrazione di oltre un punto percentuale registrata nel 2023.

Confagricoltura ricorda che la Commissione europea sta conducendo un’indagine sui sussidi pubblici cinesi alla produzione di auto elettriche. Anche alla luce delle decisioni annunciate a Washington, il rialzo dei dazi della UE potrebbe essere deciso nel giro di poche settimane.

“A quel punto – evidenzia Giansanti – dovremo mettere in preventivo la possibilità di misure di ritorsione da parte delle autorità di Pechino che potrebbero riguardare anche le importazioni agroalimentari dalla UE”. La Cina è il terzo mercato di sbocco per le produzioni di settore degli Stati membri. Secondo i dati della Commissione europea, le vendite sul mercato cinese sono ammontate a 14,6 miliardi di euro alla fine del 2023.

L’export agroalimentare dell’Italia si attesta attorno ai 18 miliardi di euro, con potenzialità di crescita di tutto rilievo. Vini, olio d’oliva, lattiero-caseari e salumi, i prodotti più richiesti.

“La situazione che si profila – conclude il presidente di Confagricoltura – aggiunge nuove tensioni in uno scenario internazionale già ad alta instabilità. Paghiamo il prezzo di aver messo da parte le regole multilaterali per la governance del commercio internazionale”.

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Confagricoltura a CIBUS con un programma dedicato a filiere agroalimentari, produzioni, credito e turismo gastronomico

Dop, Igp, alimentazione, filiere e produzioni al centro del calendario di eventi che Confagricoltura ha organizzato per Cibus, il salone internazionale dell’agroalimentare, che Parma ospiterà dal 7 al 10 maggio prossimi. Quattro giorni, durante i quali convegni e progettualità nazionali e internazionali si alterneranno con degustazioni e focus tematici a cura delle sedi territoriali della Confederazione, in particolare dell’Emilia Romagna e di Salerno.

Tra gli appuntamenti di martedì 7, nello stand di Confagricoltura (Padiglione 07/08, n.B036) spicca la presentazione di Mediterranea, associazione nata dall’accordo tra Confagricoltura e Unione Italiana Food per sostenere progetti di filiera. Il presidente di Mediterranea, Massimiliano Giansanti e il vicepresidente, Paolo Barilla, insieme alle massime istituzioni, illustreranno il lavoro che sta svolgendo la neonata associazione, in particolare quello dedicato alla filiera del pomodoro.

Il tema degli strumenti creditizi per agevolare l’accesso al credito della filiera agroalimentare sarà uno dei focus del pomeriggio insieme a Crédit Agricole, in un incontro che prevede anche la partecipazione del DG di Confagricoltura, Annamaria Barrile, e del presidente dell’ANGA, Giovanni Gioia.

Protagonista del primo giorno di fiera sarà anche il volume “Le grandi chef in una ricetta”, recentissima pubblicazione a cura di Confagricoltura Donna.

Non mancherà neanche l’intrattenimento con lo showcooking a cura della chef e influencer Fiorella Breglia, nota su Instagram come #cucinoperamore.

La giornata di mercoledì 8 prevede, tra gli altri appuntamenti, un approfondimento con Hubfarm sulla digitalizzazione e la sostenibilità delle filiere agroalimentari. Nel pomeriggio si discuterà con il Banco Alimentare di modelli di gestione delle eccedenze agroalimentari a fini sociali.

Si continua giovedì 9 con un appuntamento dedicato ai progetti europei a cura di Confagricoltura. Sarà quindi la volta di Agriturist e della Federazione Ciclistica Italiana, con cui è in atto un accordo per lo sviluppo sostenibile del turismo anche nelle aree interne del Paese.

Oltre ai talk, ci saranno degustazioni quotidiane nell’area Showcooking insieme allo chef Mario Marini e i prodotti delle aziende che partecipano a Cibus nello spazio confederale. Sarà presente anche una regia che riprenderà tutti gli appuntamenti.

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Crisi Mar Rosso, Confagricoltura: l’Italia tra i Paesi più esposti. Gli effetti sull’agricoltura devono essere portati sui tavoli europei

“L’Italia è tra i Paesi più esposti in seguito al blocco del transito delle navi nel canale di Suez. Il 40% dell’intero interscambio marittimo passa dal Mar Rosso e il settore agroalimentare risente più degli altri di questa situazione, che deve essere esaminata e approfondita sul piano europeo”.

Lo afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, evidenziando le preoccupazioni del settore agricolo e, in particolare, dei comparti ortofrutticolo e vitivinicolo.

“Soltanto per l’agroalimentare, il transito verso i mercati asiatici vale 4 miliardi di euro di prodotti. Il circumnavigare l’Africa per evitare il canale di Suez comporta problemi di conservazione dei prodotti freschi, ma anche di tipo economico, con costi raddoppiati delle merci, tensioni sui consumi e un generale rallentamento degli scambi”.

Nell’ambito della frutta, le esportazioni di questo periodo sono costituite principalmente da mele (soprattutto verso l’India), kiwi e agrumi. La qualità delle nostre produzioni – sottolinea Confagricoltura – rappresenta un valore importante e riconosciuto, ma la prolungata percorrenza verso i mercati finali dell’Asia non garantisce più le stesse caratteristiche di freschezza. Inoltre, nei Paesi importatori, la merce deve essere venduta a un prezzo inevitabilmente più alto per far fronte alle nuove rotte del trasporto marittimo intercontinentale.  

La situazione acuisce le difficoltà che il comparto ortofrutticolo italiano sta attraversando per la minore produzione dovuta alla siccità e all’aumento dei costi di produzione.

Anche per il comparto vitivinicolo il blocco delle navi verso i mercati asiatici è un ulteriore colpo all’equilibrio economico delle aziende e all’export del settore.

“Portiamo all’attenzione delle istituzioni europee un’ulteriore emergenza per il settore primario. Dobbiamo evitare – conclude Giansanti – che questa congiuntura incida in modo irreversibile sulle imprese agricole, già alle prese con una situazione complessa dal punto di vista climatico, economico e degli scambi internazionali. Se aumenta l’inflazione, infine, sarà inevitabile un ulteriore calo dei consumi agroalimentari, già in discesa di quasi 5 punti percentuali nello scorso anno”.

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World Pasta Day, Confagricoltura: il grano duro orgoglio Made in Italy e fulcro della sicurezza alimentare globale

Con una produzione di pasta pari a 4 miliardi di euro nel 2022 e 2,4 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2023 (in aumento del 6% sull’anno precedente), l’Italia detiene il primato globale, posizionandosi anche come primo esportatore. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra oggi, 25 ottobre. 

Per la fabbricazione di questo alimento, rappresentativo del Made in Italy nel mondo, è fondamentale partire dal frumento duro, noto per l’alto contenuto di glutine che conferisce alle farine una consistenza ideale per la produzione anche di pane e di una vasta gamma di prodotti da forno.

L’Italia è prima in Europa per la coltivazione di questo cereale con 1,3 milioni di ettari dedicati e una produzione pari a 3,8 milioni di tonnellate nell’anno in corso. Il nostro Paese detiene il primato da oltre dieci anni e per mantenerlo è necessario rafforzare i rapporti tra i singoli attori della filiera fino al consumatore finale. Recentemente, infatti, sono intervenute diverse minacce esterne alla sostenibilità della produzione.

Per garantire rifornimenti all’industria, l’Italia importa frumento principalmente da Canada, Unione Europea, Kazakistan, Russia e Stati Uniti. Le importazioni italiane, per la quasi totalità originarie da questi Paesi fornitori, sono aumentate di quasi il 70 per cento nei primi sette mesi di quest’anno.

Negli ultimi dodici mesi, le imprese agricole sono state colpite da una drastica diminuzione del prezzo medio all’origine del grano duro (-30%), passando da circa 480 euro per tonnellata a 336 euro per tonnellata. Dal momento che i costi di produzione non hanno seguito la stessa tendenza al ribasso iniziale, la competitività delle imprese italiane ne ha fortemente risentito. Secondo le più recenti rilevazioni di ISMEA sui prezzi dei mezzi di produzione, infatti, dallo scorso agosto 2022 fino a giugno 2023, i costi del frumento si sono ridotti solamente del 3% circa.

“Nel corso degli anni, il tasso di autoapprovvigionamento del frumento duro è stato costantemente superiore al 70%. Questo dato riflette la nostra resilienza nell’assicurare una produzione sostenibile e una solida capacità di far fronte alle sfide occasionali, legate al cambiamento climatico e ad equilibri geopolitici precari ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – Dobbiamo tuttavia evitare di perdere potenziale produttivo rafforzando la competitività delle imprese e i legami all’interno della filiera. Quest’anno in particolare, con il conflitto russo-ucraino ancora in corso e una situazione di forte instabilità in Medio Oriente, la Giornata Mondiale della Pasta ci invita a riflettere sull’importanza dei cereali, e del grano duro in particolare, per la sicurezza alimentare globale, fonte essenziale di nutrimento per milioni di persone nel mondo e risorsa imprescindibile per un’alimentazione sana e sostenibile, elemento caratteristico della Dieta Mediterranea. Non solo, mai come ora l’interdipendenza dei mercati è tangibile e bisogna restare al passo”.

Inoltre, le restrizioni legate all’entrata in vigore della riforma della Politica Agricola Comune (PAC) nel 2023 rappresentano un ulteriore ostacolo per le produzioni. Anche se nel breve termine molte imprese italiane potrebbero essere in grado di confermare i propri investimenti per un anno, obblighi come il regime di avvicendamento biennale potrebbero limitare la capacità di spesa. A questo proposito Giansanti ha commentato: “Confagricoltura ha contestato sin dall’inizio la rotazione obbligatoria prevista nell’ambito della nuova PAC. Ora siamo al lavoro per ottenere una nuova deroga, dopo quella concessa lo scorso anno in vista di una definitiva modifica dei regolamenti di base, a beneficio dei nostri produttori che non possono perdere competitività su un prodotto cruciale per la sicurezza alimentare, locale e globale, oltre che orgoglio italiano nel mondo”.

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Il vino si conferma ambasciatore del Made in Italy agroalimentare nel mondo

“AGRONETWORK per i Territori: l’oro in bocca!”

 

Al Castello Nipozzano – Marchesi Frescobaldi si è svolto il terzo incontro del tour di Agronetwork di promozione dei prodotti agroalimentari e dei territori “l’oro in bocca”, dedicato al mondo del vino.

 

Nomisma, socio fondatore di Agronetwork, ha presentato i risultati della ricerca “Il vino italiano nel mondo. Trend, posizionamento e prospettive”, che conferma il vino volano dell’export Made in italy, assestandosi anche nel 2022 al primo posto (13% del totale) delle esportazioni agroalimentari italiane.

 

Trend in continua crescita se consideriamo che dai 4,7 mld di euro del 2012 siamo passati ai 7,8 miliardi del 2022 (+ 68% in 10 anni). Solo nell’ultimo anno le esportazioni sono passate da 7,1 a 7,8 miliardi di euro.

 

L’ANALISI DI NOMISMA

Nell’ultimo decennio le imprese italiane hanno conquistato nuovi spazi di mercato, soprattutto in Nord America e in Asia: sebbene l’Unione Europa continui a rappresentare il principale mercato di destinazione delle esportazioni italiane (40% nel 2022), negli ultimi dieci anni è aumentato il peso di Stati Uniti e Canada (dal 27% del 2012 al 29% del 2022) e dei mercati asiatici (dal 5% al 7%).

In parallelo si è assistito a una riqualificazione dell’export, con il calo del peso degli sfusi (attuale 19% in volume) a favore di spumanti e imbottigliati che rappresentano, rispettivamente, il 24% e il 57% delle esportazioni italiane di vino.

 

“Le esportazioni italiane rimangono concentrate nelle regioni centro-settentrionali del Paese, ma negli ultimi anni anche il sud Italia ha aumentato il proprio grado di internazionalizzazione. Nonostante Veneto (con un peso del 36% sul totale dell’export vitivinicolo italiano nel 2022), Toscana (16%), Piemonte (16%), Trentino (9%) ed Emilia Romagna (6%) continuino a rappresentare le regioni ambasciatrici del vino italiano nel mondo, tra i top-10 territori che sono riusciti a far crescere maggiormente le proprie esportazioni figurano anche Abruzzo, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia grazie a tassi di crescita a doppia cifra tra il 2012 e il 2022”, dice Emanuele di Faustino, Responsabile Industria, Retail e Servizi di Nomisma.

 

Il complicato scenario macroeconomico internazionale ha registrato per il primo semestre 2023 una frenata per il mercato del vino. Se infatti l’Italia ha mostrato un -0,4% a valore e un -1,4% a volume nei primi 6 mesi del 2023, Usa (-23,5% in valore) e Cile (-23,9% in valore) sembrano in caduta libera. Il calo interessa anche la Francia che segna un -6,1% a volume a fronte però di un +3,1% a valore.

 

Se ci si focalizza sui top-5 mercati di destinazione dell’export italiano, nel I semestre 2023, si segnala una crescita delle importazioni di vini fermi e frizzanti imbottigliati italiani solo nel Regno Unito e in Svizzera (rispettivamente +0,6% e +1,7% a valore rispetto al I semestre 2022). Più positive le tendenze per gli spumanti, grazie in primis al traino della Francia, che nei primi sei mesi del 2023 ha visto aumentare le proprie importazioni dall’Italia di oltre il 30%, grazie al successo del Prosecco su tale mercato.

 

LE PROSPETTIVE

Non ci sono solo ombre, ma anche opportunità da cogliere. Secondo l’indagine condotta da Nomisma, su un campione di consumatori italiani, nei prossimi 2-3 anni a crescere di più sul mercato domestico saranno in primis i vini con certificazione sostenibile (38%) e a marchio biologico (37%), seguiti da quelli prodotti da vitigni autoctoni (34%) e da piccoli produttori (32%). Sui mercati internazionali i produttori italiani – oltre ai vini con attributi green o provenienti da uno specifico territorio nazionale/prodotti con uve autoctone – prevedono una crescita anche della domanda di vini a bassa gradazione alcolica sempre più richiesti dai consumatori esteri.

 

CONSIDERAZIONI

“Il vino italiano, nell’insieme di tutti i prodotti della moda, dell’automotive di lusso e del cibo, non può che avere un futuro brillante. Si impone però una riflessione dopo gli aumenti che abbiamo avuto post-pandemia. Infatti, si sta assistendo a un rallentamento dei consumi specialmente nei prezzi più concorrenziali.  Questa riflessione deve aiutarci a porre l’accento su una maggiore attenzione alla qualità del prodotto e alla sua comunicazione. Saranno molto importanti gli aiuti che potremo riservare alla promozione del vino italiano all’estero”, così Lamberto Frescobaldi, Presidente Marchesi Frescobaldi e Giunta Confagricoltura.

 

“Oggi che celebriamo i nostri vini nel mondo ritorno sul concetto di sostenibilità per il corpo e per l’ambiente. Le scelte sostenibili sono quelle che ci portano a qualificare i nostri consumi e a migliorare la qualità di ciò che consumiamo.  Anche il vino, per essere più sostenibile, deve essere consumato con moderazione e rispetto, sempre ricercando la salubrità e la qualità.  Aziende come quella che ci ospita questa mattina rispettano l’ambiente e lavorano per l’uomo, che potrà così consumare questi prodotti con maggiore consapevolezza, grazie alla migliore informazione del consumatore ed alla responsabilità assunta dall’imprenditoria agricola” così la Presidente Agronetwork, Sara Farnetti.

 

I PROSSIMI APPUNTAMENTI

I prossimi appuntamenti del tour “L’oro in bocca” vedranno Agronetwork impegnata a ottobre in Campania, nel Salernitano, per parlare di conserve vegetali, pomodori, legumi e quarta gamma con Pancrazio SpA e il Gruppo Rago.

A metà novembre in Veneto, a Treviso, presso H-Farms con British American Tobacco per i processi innovativi nel cioccolato e nel tabacco, e a dicembre in Sicilia presso il distretto agrumicolo con Coca Cola Italia per le aranciate.

 

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Olio d’oliva, non cambiano le norme UE per la vendita del prodotto sfuso. Accolte le istanze di Agrinsieme a difesa della qualità e della sicurezza

Roma, 5 maggio 2023 – Agrinsieme esprime grande soddisfazione per la decisione della Commissione UE di ritirare la proposta di modifica delle norme di commercializzazione per consentire la vendita di olio di oliva sfuso.

Agrinsieme aveva fortemente caldeggiato questo esito nei vari tavoli di confronto a livello nazionale ed europeo, sottolineando la pericolosità dell’apertura alla vendita di olio sfuso per diversi motivi, in particolare per il rischio di peggioramento della qualità del prodotto e la difficoltà ad eseguire i controlli necessari per evitare frodi e garantire sicurezza del consumatore. 

In caso di bottiglie aperte e riutilizzabili – spiega il Coordinamento – non ci sarebbe infatti alcuna garanzia né della qualità, né del rispetto delle norme igieniche. La vendita di olio sfuso comporterebbe sicuramente una conservazione inadeguata per errata esposizione alla luce e al calore, per l’ossidazione e la contaminazione da batteri. 

Inoltre – aggiunge Agrinsieme – la vendita di olio sfuso avrebbe potuto vanificare gli sforzi compiuti dagli operatori e dagli Stati membri per garantire il rispetto delle norme di commercializzazione degli oli d’oliva. Nel corso degli anni gli operatori si sono impegnati affinché la qualità del prodotto immesso sul mercato interno ed esportato fosse ottimale,  sensibilizzando i consumatori anche sui valori nutrizionali e aumentandone la riconoscibilità. 

Con la vendita di olio sfuso sarebbero stati annullati molti risultati fin qui ottenuti.

Alla decisione della Commissione nell’ultima riunione del Comitato di gestione ha contribuito l’azione congiunta dei Paesi dell’area del Mediterraneo. Agrinsieme ringrazia il MASAF, che ha compreso e sostenuto nelle sedi europee l’istanza della filiera produttiva nazionale per la valorizzazione del settore dell’olio di oliva.

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Agrinsieme è costituita dalle organizzazioni professionali Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, a loro volta riunite nella sigla Alleanza Cooperative Italiane – Settore Agroalimentare. Il coordinamento Agrinsieme rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate.

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Export, Confagricoltura: bene il programma approvato alla Farnesina. Agroalimentare italiano da record

Confagricoltura esprime apprezzamento per il programma di attività strategica a supporto dell’internazionalizzazione approvato oggi nel corso dell’XI Cabina di regia alla Farnesina.

“Il sistema delle imprese italiane cresce ed esporta con ritmi superiori a quelli delle principali economie della Ue e l’italian sounding è anche l’indicatore dell’apprezzamento che i nostri prodotti riscuotono, nonché del potenziale che possiamo ancora concretizzare”.

I dati Istat sul commercio con l’estero diffusi oggi confermano che il Made in Italy continua a crescere sia all’interno della UE, sia sui mercati internazionali: nel 2022 le esportazioni agroalimentari, con oltre 60 miliardi di euro, hanno toccato il nuovo massimo storico. Nei confronti del 2021 l’aumento sfiora il 17%.

Lo scenario economico per l’anno corrente è reso complesso dall’inflazione, dal rallentamento economico, dall’aumento dei tassi di interesse. Pesano inoltre le condizioni di grande incertezza legate alla guerra in Ucraina.

In questo contesto, Confagricoltura giudica ancora più importante il programma approvato alla Farnesina. Un contributo fondamentale è stato assicurato dai Ministeri delle Imprese e della Sovranità Alimentare, che hanno tenuto conto delle esigenze di crescente coordinamento strategico delle iniziative espresso dalle aziende agroalimentari.

 

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Grano, Confagricoltura: bene la ripresa dell’accordo da parte della Russia

“La ripresa della partecipazione all’accordo sul grano da parte della Federazione Russa è un’iniziativa apprezzabile per garantire sicurezza alimentare e contrastare l’instabilità dei mercati”.

Lo afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, a commento della conferma arrivata da Mosca.

“E’ necessario ora un po’ di tempo per ridare piena operatività all’accordo – aggiunge – considerato che attualmente sono ferme circa duecento navi nei porti dell’Ucraina in attesa dello svolgimento dei controlli previsti dall’intesa”.

In questo quadro, Confagricoltura ricorda la valenza dei corridoi di solidarietà europei attivati per dare un’alternativa terrestre o fluviale alle esportazioni di grano via mare dall’Ucraina. “Una soluzione che ha portato validi risultati – aggiunge Giansanti – perché da maggio a ottobre, secondo i dati della Commissione Ue, attraverso questi corridoi sono transitate 13 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari ucraini”.

“Auspichiamo che la ritrovata cooperazione  – conclude il presidente di Confagricoltura – possa riguardare anche il commercio dei fertilizzanti”.

 

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World Pasta Day, Confagricoltura: il 25 ottobre si celebra uno dei simboli cardine della dieta mediterranea

Un alimento accessibile, facile da preparare e che mette d’accordo tutti, ma pochi conoscono il lavoro che c’è dietro ad un piatto di pasta, a cominciare dalla materia prima, che si ottiene dalla produzione agricola. Per continuare a produrre cibo eccellente sotto il profilo organolettico e ad elevati standard di qualità, quali sono i nostri, è indispensabile sostenere il comparto cerealicolo italiano, perché servono investimenti importanti. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra il 25 ottobre, ribadendo l’importanza di rimettere il comparto cerealicolo al centro dell’agricoltura nazionale.

Produzione simbolo del made in Italy, la pasta subisce anch’essa le ripercussioni indirette del clima pazzo e i rincari record dei costi di produzione scatenati dalla crisi energetica conseguente al conflitto Russia-Ucraina – e dunque va salvaguardata. L’Italia è infatti il primo Paese produttore di pasta, con 3,6 milioni di tonnellate l’anno, per oltre il 60% esportata.

Secondo un’elaborazione del centro Studi di Confagricoltura, la coltivazione di frumento duro nel nostro Paese copre 1,26 milioni di ettari di superficie ed è la coltura più estesa in Italia, con una produzione raccolta totale di oltre 3,9 di tonnellate.

Tra le regioni con maggiore presenza degli ettari coltivati a grano duro rispettivamente Puglia (344.700 ettari e 688mila t di produzione raccolta); Sicilia 272.405 ettari e 813mila t) e Basilicata (115.236 ettari per 321mila t), spiccano nella “top five” delle regioni italiane di produzione anche Emilia Romagna e Marche che, rispettivamente con 85mila e 90 mila ettari, producono 375mila e 467mila tonnellate di frumento duro.

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Alla luce della situazione determinata da questo particolare momento storico, è essenziale adattare la nostra capacità produttiva ai mutamenti climatici, intensificare in modo sostenibile le produzioni tramite investimenti materiali e immateriali affinchè le imprese italiane producano di più e meglio, per soddisfare consumatori sempre più esigenti, sottolinea Confagricoltura.

Ora più che mai, secondo l’Organizzazione agricola, si rende necessario far ricorso alla ricerca ed alle tecnologie ed il settore dei seminativi è uno di quelli che può avvantaggiarsi di più dalla innovazione in tutti i campi: dall’agricoltura di precisione al miglioramento genetico di ultima generazione.

Sono poi necessari nuovi protocolli per la definizione dei parametri di qualità, oltre che promuovere e garantire l’adozione di contratti di filiera sempre più chiari e trasparenti, così da rendere più remunerativa la coltivazione del grano duro per tutti gli operatori. A tal fine è stato sviluppato il sistema “FruClass”, ideato dall’Università degli Studi della Tuscia e sostenuto dal Coordinamento Agrinsieme, nell’ambito del protocollo per la valorizzazione del grano duro, siglato con tutte le Organizzazioni della filiera ‘grano duro-pasta’.

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