Il bilancio dell’Associazione dei piscicoltori dopo un anno di Covid

“Gli effetti della pandemia hanno colpito, in particolare, gli allevamenti in acqua dolce e la pesca sportiva che hanno pagato il prezzo più alto, con perdite anche al 40%, mentre le specie ittiche allevate in mare hanno tenuto grazie anche alla ridotta produzione italiana che fornisce – nonostante siamo un Paese che vanta 8.000 chilometri di coste – solo 2 pesci ogni 10 venduti”. Così Pier Antonio Salvador presidente dell’API, l’Associazione che riunisce gli acquacoltori di Confagricoltura, presentando gli ultimi dati rilevati sulla produzione e il consumo.

La chiusura del canale Ho.Re.Ca si è tradotta in un 30% in meno delle vendite. Soffrono le aziende più piccole, mentre quelle di dimensioni maggiori sono, sottolinea l’API, in qualche modo riuscite a riequilibrare la loro presenza sul mercato, aumentando i quantitativi nella GDO, vendendo sottocosto e utilizzando i servizi di delivery e l’on-line.

“Per le trote ‘made in Italy’, che rappresentano il pesce più prodotto e esportato – spiega il direttore dell’Associazione Piscicoltori, Andrea Fabris – il fatturato ha perduto oltre il 15%, mentre la produzione, mediamente, è calata meno del 10%. Questi dati, che a prima vista, potrebbero sembrare in contrasto, sono dovuti alla necessità delle aziende di cedere il surplus a prezzi bassi, per garantire negli allevamenti lo spazio per le nuove produzioni”.

Dai dati forniti dall’API si evince, a Natale e non solo, un vero e proprio recupero per le vendite di caviale di cui siamo i primi produttori europei e i secondi al mondo, dopo la Cina. Questo ’oro nero’, una vera eccellenza italiana, prodotta in Lombardia, Piemonte e Veneto, attraverso le vendite virtuali, ha visto quasi raddoppiare i consumi interni.

La produzione di orate e spigole, altro fiore all’occhiello dell’acquacoltura nazionale, ha dimostrato un leggero incremento, confermando un trend in crescita, indice tra l’altro di una maggiore attenzione all’origine italiana dei prodotti ittici.

“Occorre ora – conclude Salvador – continuare ad impegnarsi per aumentare la produzione “made in Italy”, preferita dall’82% dei consumatori, contemporaneamente promuoverne il consumo, attraverso campagne ad hoc, ma soprattutto, cogliere l’occasione delle riaperture perché anche nei ristoranti si conosca l’origine del prodotto. In questo modo la ripresa sarà anche l’occasione della rivincita dei pesci prodotti ed allevati in Italia”.

Tutti i dati produttivi dell’acquacoltura nazionale del 2020 sono disponibili sul portale web dell’API www.acquacoltura.org