Florovivaismo, il comparto sta lentamente tornando alla normalità ma rimangono diversi nodi da sciogliere

“Il florovivaismo sta lentamente tornando alle attività precedenti alla crisi causata dal Coronavirus, anche se ancora molti sono i nodi che restano da sciogliere, primo fra tutti quello legato alla mancanza di liquidità per le imprese che hanno subito gravi danni per le chiusure durante il lockdown; nonostante le rassicurazioni, infatti, molte criticità relative al credito restano irrisolte e continua a pesare l’assenza di risposte per un settore che chiede di poter investire e programmare le prossime produzioni”. Lo sottolinea il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, in occasione del varo dei decreti attuativi previsti dal cosiddetto DL Rilancio, che recano interventi per le filiere in crisi e, fra gli altri, anche per il florovivaismo.

“Occorre migliorare le misure per il credito, poiché le imprese florovivaistiche, indipendentemente dal fatturato, faticano ad accedere alle garanzie dello Stato e gli istituti bancari continuano a segnalare difficoltà nella valutazione del merito creditizio delle aziende”, segnala Agrinsieme, secondo cui “serve inoltre un energico intervento in materia di sospensione dei pagamenti di oneri fiscali e contributivi, in misura ben più ampia di quanto è stato sinora disposto, prevedendo, ad esempio, uno sgravio previdenziale”.

“Il DL Rilancio va certamente nella giusta direzione, anche se diversi interventi vanno tarati sulle reali necessità delle imprese: si devono pertanto migliorare la tempistica e l’impatto del contributo a fondo perduto, prevedendo un indennizzo maggiore e la copertura di tutti i mesi di chiusura delle imprese”, aggiunge il Coordinamento, ad avviso del quale “è poi necessario un intervento di ristoro per tutte le imprese del comparto, singole o associate, che hanno subito danni e cali di fatturato riconducibili alla chiusura per l’emergenza sanitaria, a valere sul fondo di emergenza per le filiere in crisi, per cui va adeguatamente riservata una quota specifica del medesimo fondo. Prendendo a riferimento il fatturato dell’anno precedente, e calcolando la perdita subita rispetto allo stesso, il fondo dovrebbe coprire almeno il 50% del danno occorso ai produttori singoli e alle cooperative”.

“È necessario anche un intervento in sede comunitaria per ottenere risorse per il florovivaismo, che non ha mai usufruito di misure di sostegno. Vanno superati i limiti attualmente previsti in termini di gestione degli aiuti di Stato, che rischiano di contingentare eccessivamente il supporto agli operatori agricoli e alle loro cooperative. Un importante contributo allo sviluppo del settore può venire inoltre dal ‘bonus verde’, anche in collegamento al Superbonus 110%, magari aumentando la percentuale di credito di imposta, raddoppiando il massimale ammissibile e dimezzando gli anni di beneficio della misura, nonché da una migliore pianificazione del verde urbano ed extraurbano che favorisca gli investimenti pubblici, migliorando la qualità dell’aria a beneficio della collettività. È auspicabile, infine, che nelle linee di intervento per la promozione dell’export trovi spazio anche il florovivaismo, elemento cruciale del primario”, conclude Agrinsieme.

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Agrinsieme è costituita dalle organizzazioni professionali Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, a loro volta riunite nella sigla Alleanza Cooperative Italiane – Settore Agroalimentare. Il coordinamento Agrinsieme rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate.

 

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Patto per l’export, Confagricoltura: “Iniziativa utile anche per il rilancio dell’agroalimentare italiano”

“Iniziativa tempestiva e utile anche per il rilancio delle esportazioni agroalimentari italiane dopo l’emergenza sanitaria”.

E’ questo il commento del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, al patto per l’export presentato ieri dal ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio.

In particolare, Confagricoltura accoglie positivamente l’inserimento di sei esperti agricoli nella rete diplomatico-consolare, che potranno ottimizzare il lavoro delle Ambasciate nella rimozione di barriere non tariffarie e nella promozione delle eccellenze della filiera agroalimentare. Una richiesta che Confagricoltura aveva da tempo caldeggiato, per colmare una lacuna dell’Italia rispetto ad altri Stati membri.

“La pandemia ha fermato la corsa delle nostre esportazioni – spiega il componente di Giunta Giordano Emo Capodilista, con delega all’internazionalizzazione, che ha preso parte alla presentazione del patto – Quest’anno potremmo registrare una contrazione superiore al 10%. Con la ripresa, la concorrenza sui mercati sarà ancora più agguerrita. Per questo è importante farci trovare pronti, con un piano teso a valorizzare l’eccellenza delle nostre produzioni. La crescita delle esportazioni di settore avvantaggia anche l’agricoltura, considerando che oltre il 70% dei nostri prodotti è destinato alla trasformazione”.

Nel trascorso decennio, ricorda Confagricoltura, l’export agroalimentare è praticamente raddoppiato. Attualmente, si attesta attorno ai 43 miliardi di euro.

“Possiamo in tempi brevi, e con l’impegno di tutti, arrivare a 50 miliardi – conclude Emo Capodilista – assicurando così un significativo contributo alla ripresa dell’economia italiana in termini di reddito ed occupazione”.

 

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Commercio internazionale, Confagricoltura: “Rilancio economico a rischio se torna tensione Ue-Usa”

I dazi doganali sulle aragoste in arrivo dagli USA rischiano di far ripartire le tensioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti.

“Il presidente Trump ha minacciato venerdì scorso di imporre dazi aggiuntivi sulle importazioni di auto dalla UE, se non sarà soppressa immediatamente la tariffa dell’Unione sulle aragoste esportate dagli USA” – evidenzia il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

“Non è la prima volta che Trump minaccia il settore automobilistico europeo – aggiunge Giansanti – L’ultimo annuncio, però, arriva a pochi giorni di distanza dall’avvio di un’indagine sulle tasse a carico delle grandi imprese digitali varate in alcuni Paesi terzi, tra i quali l’Italia. Sono segnali che non vanno sottovalutati. Se l’indagine si concludesse con l’accertamento di una condizione discriminatoria per le imprese statunitensi, potrebbero scattare dazi aggiuntivi anche sui nostri prodotti agroalimentari”.

“Occorre anche ricordare – aggiunge il presidente di Confagricoltura – che ad agosto gli Stati Uniti potrebbero rivedere la lista dei prodotti importati dalla UE sui quali, da ottobre 2019, si applicano dazi aggiuntivi nell’ambito del contenzioso bilaterale sugli aiuti pubblici ai gruppi Airbus e Boeing. A rischio anche i nostri prodotti agroalimentari destinati al mercato statunitense, a partire dai vini, olio d’oliva e pasta alimentare”.

Confagricoltura ricorda che i dazi aggiuntivi USA – pari al 25% – già si applicano sulle esportazioni italiane di formaggi, salumi, agrumi e succhi di frutta per un valore complessivo di oltre 500 milioni di euro.

“Chiediamo alla Commissione europea e al governo italiano di rilanciare le iniziative per raggiungere un accordo con gli USA su tutte le questioni aperte”.

“Un contenzioso commerciale tra Unione europea e Stati Uniti – conclude Giansanti – sarebbe un ostacolo in più per la ripresa economica dopo la pandemia e per il rilancio delle nostre esportazioni agroalimentari, che quest’anno già faranno registrare una contrazione del 15%”.

Confagricoltura ricorda che gli USA sono il primo mercato di sbocco fuori dalle Ue per il “Made in Italy” agroalimentare. L’export ammonta a circa 4,5 miliardi di euro l’anno.

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Ambiente, Confagricoltura: “Agricoltori garanti della biodiversità”

“Facciamo nostro il monito del Presidente Mattarella che ‘la ricchezza della diversità biologica è per le nostre società fonte di resilienza’. Ricordiamo che l’Italia vanta un ricco patrimonio di biodiversità e gli agricoltori, con il loro lavoro, sono i principali garanti delle risorse naturali”. Lo sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente (istituita dalle Nazioni Unite) celebrata ieri e che quest’ anno è stata incentrata sui temi della biodiversità, con lo slogan “E’ il momento della Natura”.

Il nuovo “Annuario dei dati ambientali” di Ispra pone in evidenza che l’Italia è tra i Paesi europei più ricchi di biodiversità e con livelli elevati di endemismo (specie esclusive del nostro territorio) – osserva Confagricoltura –. Dal rapporto emerge pure l’implementazione della rete Natura 2000 che senz’altro rappresenta un significativo contributo alla tutela della biodiversità.

In queste aree del nostro territorio – oltre 9 milioni di ettari, pari a circa il 30% della superficie nazionale – operano tantissimi agricoltori che, con le loro attività economiche perfettamente inserite in questi contesti, con il loro impegno quotidiano, contribuiscono alla conservazione e valorizzazione della biodiversità.

“Preservare il patrimonio naturale significa gestirlo in modo lungimirante e non passivo – conclude il presidente di Confagricoltura Giansanti – Quindi occorrono politiche agricole, a livello europeo e nazionale, che favoriscano pratiche sostenibili e compatibili con la tutela della biodiversità, ma che al contempo garantiscano anche stabilità di mercato e giusta remunerazione di tutte le fasi della filiera. In questa direzione ci possono aiutare la ricerca e l’innovazione tecnologica applicate ad un’agricoltura moderna e competitiva, che migliori le performance e valorizzi l’ambiente, a vantaggio di tutta la comunità”.

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Agroalimentare: nel 2020 partito bene l’export italiano nella Ue, ma rallentato dalla pandemia

Senza l’emergenza Covid l’export del ‘made in Italy’ agroalimentare verso i Paesi UE sarebbe aumentato in modo rilevante nel 2020. E’ quanto emerge da un rapporto del Centro studi di Confagricoltura che evidenzia un aumento del 4% nel mese di gennaio e del 10% in febbraio. Crescita, purtroppo, annullata da un -10% registrato in marzo, quando la pandemia si è diffusa in tutta l’Europa, con le conseguenti restrizioni agli spostamenti delle persone e alla chiusura delle attività di ristorazione, caffetteria e ospitalità turistica.

Prendendo in considerazione i prodotti agricoli e dell’industria alimentare più esportati verso i Paesi dell’Unione Europea, il rapporto del Centro studi di Confagricoltura indica sensibili differenze per prodotto e per mese nel primo trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019. Emblematico il caso dell’olio d’oliva, che scende del 6% a gennaio, del 16% a febbraio per riguadagnare il 2,4% a marzo. Per formaggi e latticini dal +6,6% di gennaio si passa al +7,7 di febbraio, per arrivare un -16% in marzo.

Sono evidenti, in termini di export, le conseguenze dell’emergenza Coronavirus soprattutto per le limitazioni agli spostamenti internazionali delle persone, fra cui la manodopera agricola stagionale, indispensabile per la raccolta dei prodotti, le restrizioni alle attività del settore Ho.Re.Ca, le modifiche della domanda di prodotti agroalimentari conseguenti ai provvedimenti di lockdown.

Nel mese di marzo infatti, quando gli effetti della pandemia CoViD-19 si sono estesi a un maggior numero di Paesi UE, su 15 categorie di prodotti ben 10 hanno segnato un andamento negativo del valore dell’export rispetto a marzo 2019 e, di queste, 8 presentano decrementi superiori al 10%, con il massimo di -47% per i fiori e le piante (tabella 5c). Ma, evidenzia lo studio, non tutti i settori produttivi hanno risentito nello stesso modo della pandemia: hanno tenuto, ad esempio, riso e cereali (+9,6% a gennaio, + 24,1% a febbraio e +13,3% a marzo) e salumi (+ 12,1%, +14,6 e +9,2).

Il trimestre gennaio-marzo (tabella 6) si chiude con una crescita del valore dell’export di solo un milione di euro (4.859 contro 4.858 milioni), con 7 settori produttivi in crescita, 4 con variazioni (negative o positive) inferiori allo 0,5%, 4 in sensibile flessione. Fra questi ultimi, mette in evidenza il rapporto di Confagricoltura, è particolarmente rilevante la crisi dell’esportazione dei prodotti florovivaistici, che segna -15% a causa del quasi dimezzamento registrato in marzo (-47%).

Questi dati, conclude il rapporto del Centro Studi di Confagricoltura, pur consentendo alcune prime valutazioni dell’effetto della pandemia di Coronavirus sul settore agroalimentare, non permettono di individuare, nemmeno per i prossimi mesi, chiari segnali di tendenza, perché siamo di fronte ad un contesto incerto e in costante cambiamento.

 

 

Tabella 5c – Valore delle esportazioni dall’Italia verso i Paesi UE, per le principali categorie di prodotti agricoli e dell’industria alimentare, nei mesi di marzo 2020 e 2019 (milioni di euro)

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Fonte: Istat e Agenzia delle Dogane

Tabella 6 – Valore delle esportazioni dall’Italia verso i Paesi UE, per le principali categorie di prodotti agricoli e alimentari, nel periodo gennaio-marzo 2020 e 2019 (milioni di euro)

tabella 6

Fonte: Istat e Agenzia delle Dogane

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Inaccettabili i tagli al bilancio agricolo Ue, mantenere almeno i livelli attuali

“Il miglioramento rispetto al progetto della Commissione Juncker è importante, ma il bilancio agricolo sarebbe comunque ridimensionato nei prossimi anni”.

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, torna sulle nuove proposte dell’Esecutivo di Bruxelles sul quadro finanziario dell’Unione per il periodo 2021-2027. “Con l’emergenza sanitaria l’agricoltura è stata considerata un’attività essenziale, anche dalla Commissione europea. Per una questione di visione strategica e di coerenza, le risorse finanziarie della UE per il settore devono però essere quanto meno confermate sui livelli attuali”.

Invece, nonostante l’aumento annunciato lo scorso 27 maggio dalla presidente Ursula von der Leyen, le spese per la PAC a prezzi 2018 subirebbero nei prossimi sette anni una riduzione di poco inferiore al 10% nei confronti della dotazione assegnata per il periodo 2014-2020. In particolare, i fondi per gli aiuti diretti agli agricoltori e per le misure di gestione dei mercati subirebbero un taglio di oltre il 7%. Per lo sviluppo rurale la riduzione è addirittura maggiore, oltre l’11%.

“A questi tagli – prosegue Giansanti – va aggiunto l’impatto negativo determinato dalle previste penalizzazioni a carico delle imprese di maggiore dimensione e della cosiddetta convergenza esterna che danneggia, sotto forma di riduzione dei trasferimenti – i sistemi agricoli a maggiore valore aggiunto, come quello italiano”.

“In sintesi, le nuove proposte della Commissione sono insufficienti. Vanno integrate sotto l’aspetto finanziario e riviste sul piano operativo al fine di tutelare la competitività delle imprese, chiamate anche a far fronte alle conseguenze economiche della pandemia”.

“Ci conforta la presa di posizione del presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Norbert Lins, secondo il quale in nessun modo il bilancio agricolo dovrà essere ridotto rispetto ai livelli attuali”.

L’approvazione del nuovo quadro finanziario pluriennale spetta ai capi di Stato e di governo. L’Europarlamento sarà chiamato ad approvare, o a respingere, l’intesa raggiunta in seno al Consiglio europeo.

 

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Grano duro: incertezza su campagna 2020 mentre cresce la domanda di frumento italiano e di qualità

Se ne è parlato oggi nella Webinar del Durum Days, alla presenza di tutte le sigle della filiera. Iniziale impennata dei consumi di pasta con il lockdown (+40% a marzo), prevista ulteriore contrazione delle riserve mondiali (-27%) di frumento duro, mentre la siccità mette a rischio quantità e qualità del prossimo raccolto.

 

La filiera del grano duro e della pasta è riuscita durante l’emergenza COVID19 a rispondere all’improvviso picco di domanda garantendo costantemente le forniture sul canale distribuzione, pur trovandosi a fronteggiare difficoltà logistiche e un aumento complessivo dei costi di produzione. Sforzo che non mette però al riparo da tensioni, visto che le scorte di grano duro a livello mondiale continuano a calare, il prezzo è da mesi in rialzo e sulla qualità della prossima campagna produttiva incombono non poche preoccupazioni. È questo il quadro che emerge dal Durum Days 2020, l’evento che ogni anno chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della prossima campagna produttiva e che ha visto in questa quinta edizione confrontarsi via web Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food, con la partnership tecnica di Areté, con la collaborazione del Crea e con la partecipazione in veste di sponsor di Syngenta-PSB.

La filiera del grano duro – è emerso da uno studio elaborato dall’istituto di ricerca Areté e presentato per l’occasione – è alle prese con uno scenario non facile e assai imprevedibile, contraddistinto da fattori mutevoli e contrastanti; sul fronte della domanda, accanto all’azzeramento del canale della ristorazione, la grande distribuzione tra marzo ed aprile ha visto crescere i consumi di pasta del 24%. I picchi di aumento dei consumi (fino a oltre il +40%) registrati a marzo si sono però altrettanto repentinamente contratti fino ad attestarsi, già a partire da fine aprile, a cali fino al 10% rispetto alla stessa settimana dell’anno precedente.

Quando la domanda è schizzata in alto, la filiera industriale si è subito messa in moto a ritmi sostenuti. La produzione di semola nei due mesi di lockdown ha avuto una crescita a due cifre (+15%), mentre molti pastifici, in alcune settimane, hanno raggiunto ritmi di produzione superiori al 100% della loro capacità, ottenuti attraverso una rimodulazione dei turni e una riduzione dei formati lavorati. L’introduzione delle procedure per garantire la sicurezza dei lavoratori e delle produzioni, nel rispetto delle indicazioni del Governo, ha comportato strozzature e rallentamenti logistici lungo tutta la filiera, con un conseguente aumento generale dei costi di produzione.

Gli sforzi produttivi di questi mesi hanno contribuito a soddisfare la domanda dei consumatori in un momento di emergenza, ma a monte della filiera pasta rimane un mercato del grano duro con scorte ai minimi degli ultimi dieci anni e che, secondo le stime di Areté, saranno ancora in calo del 27% anche nel corso della prossima campagna. Il tutto in presenza di prezzi del grano duro che, all’inizio del lockdown, erano superiori del 25% rispetto all’anno precedente.

Pertanto, anche per la prossima campagna il mercato rimane scarsamente approvvigionato, nonostante il leggero aumento delle superfici seminate in Italia rispetto alla campagna precedente (+6%) che, a parità di rese, daranno un analogo incremento produttivo. Ma c’è preoccupazione per la qualità del prossimo raccolto, per via della prolungata siccità. Ciò in uno scenario che vede crescere nel nostro Paese la richiesta di frumento di qualità e di origine italiana, in linea con l’attenzione crescente da parte dei consumatori verso la provenienza della materia prima e verso prodotti di qualità, di formati speciali e con più alto contenuto proteico.

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Coronavirus, Abi e imprese: moratorie prestiti estese a grandi imprese

Abi, Alleanza Delle Cooperative Italiane (Agci, Confcooperative, Legacoop), Cia-Agricoltori Italiani, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confimi Industria, Confindustria e Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confersercenti) ampliano e rafforzano le moratorie

 

L’ABI e le Associazioni di rappresentanza delle imprese avevano sottoscritto il 15 novembre 2018 l’Accordo per il Credito 2019 che prevede, in relazione alle piccole e medie imprese (PMI), la possibilità per le banche e gli intermediari finanziari aderenti di sospendere fino a un anno il pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti e di allungare la scadenza dei finanziamenti.

Il 6 marzo scorso, all’inizio della crisi del COVID-19, l’ABI e le Associazioni delle imprese hanno sottoscritto un Addendum per estendere le moratorie anche ai finanziamenti in essere fino al 31 gennaio 2020, erogati a PMI in bonis, danneggiate dalla diffusione del COVID-19.

L’ABI e le Associazioni delle imprese hanno deciso di estendere le moratorie anche in favore le imprese di maggiori dimensioni che autocertifichino di essere state danneggiate dal “COVID-19”.

Le moratorie potranno essere richieste fino al 30 giugno 2020. Tale termine potrà essere prorogato sulla base delle indicazioni delle Autorità di vigilanza bancaria.

La moratoria per le grandi imprese può essere richiesta dalle imprese che non presentavano nei confronti della banca, alla 31 gennaio 2020, esposizioni debitorie classificate come deteriorate in applicazione delle normative. Sono escluse le imprese classificate in sofferenza.

E’ prevista la possibilità per le banche di offrire modalità e soluzioni operative migliorative rispetto a quelle previste dal nuovo Accordo. In particolare, le banche aderenti possono estendere la durata della sospensione della quota capitale delle rate di finanziamento fino a 24 mesi per le imprese appartenenti a specifici settori o filiere produttive con maggiori difficoltà di ripresa dai danni conseguenti al COVID-19: tali misure possono essere applicate anche alle PMI.

ABI, Alleanza delle Cooperative Italiane (AGCI, Confcooperative, Legacoop) CIA-Agricoltori Italiani, CLAAI, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confimi Industria, Confindustria e Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confersercenti) hanno concordato queste previsioni in un apposito nuovo Addendum all’Accordo per il Credito 2019.

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ABI, Alleanza delle Cooperative Italiane (AGCI, Confcooperative, Legacoop) CIA-Agricoltori Italiani, CLAAI, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confimi Industria, Confindustria e Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confersercenti).

 

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Fase 2, Confagricoltura attiva i primi corridoi verdi per il rientro degli operai specializzati extracomunitari

E’ atterrato ieri alle 18 a Pescara il primo volo charter, organizzato da Confagricoltura Abruzzo, con l’arrivo di 124 operai agricoli del Marocco. Un altro volo è arrivato oggi, con altrettanti lavoratori, e un terzo è programmato per i prossimi giorni, sempre con partenza da Casablanca.

Oggi sono arrivati anche altre decine di lavoratori dal Marocco, questa volta destinati alle campagne del Nord Italia. Atterreranno a Milano Malpensa con due voli organizzati dal Governo italiano per i quali Confagricoltura ha ottenuto la possibilità di far rientrare gli operai agricoli.

A Roma sono inoltre giunti circa un centinaio di lavoratori indiani specializzati in agricoltura, destinati alle campagne della Pianura Padana.

E’ il frutto del lavoro diplomatico di Confagricoltura, in particolare con le Ambasciate in Marocco e in India, che ha coinvolto anche la Farnesina e l’ICE. Si tratta di istituzioni con le quali la più importante Organizzazione datoriale agricola italiana ha relazioni consolidate nel corso degli anni.

Confagricoltura a marzo aveva chiesto al Governo l’attivazione dei corridoi verdi per permettere il rientro degli operai extracomunitari che da anni hanno un contratto di lavoro con le aziende italiane, in modo da far fronte alle esigenze di raccolta nei campi. Si tratta di lavoratori che erano rientrati nei mesi invernali nei rispettivi Paesi di origine, per riprendere a marzo la nuova stagione agricola. Ma l’emergenza Coronavirus li aveva fermati.

“In due mesi di intenso lavoro di relazioni istituzionali, – dichiara il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – con la collaborazione indispensabile delle nostre imprese (che hanno pagato il volo per i loro dipendenti) siamo arrivati a questi risultati che ci permettono di far fronte, in parte, all’emergenza manodopera”.

“Inoltre – conclude Giansanti – ci fa piacere evidenziare che moltissimi italiani hanno risposto alla richiesta delle aziende agricole e hanno trovato un’occupazione, sebbene temporanea, grazie alla piattaforma AgriJob. Questo ci deve far riflettere comunque sulla necessità di impegnarci per la formazione di nuove professionalità, a partire proprio da chi si avvicina con interesse, per la prima volta, all’agricoltura”.

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Canapa, innalzare limite Ue di Thc allo 0,3% per tenere il passo con i competitor mondiali

Agrinsieme: settore in forte crescita, fondamentale per diversificare il reddito dei produttori agricoltori

“Per lo sviluppo della canapicoltura nazionale è importante tenere alta l’attenzione sul nuovo regolamento della PAC recante norme sul sostegno ai Piani Strategici Nazionali-PSN, che non prevede l’aumento del tenore di tetraidrocannabinolo (THC) proposto dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, la quale ha approvato lo scorso anno un emendamento che innalza il limite allo 0,3%”. Lo sottolinea il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, che ha scritto una lettera in proposito al Sottosegretario alle Politiche Agricole Giuseppe L’Abbate.

“Il mantenimento dell’attuale limite dello 0,2%, infatti, metterebbe i Paesi dell’Unione in una posizione di svantaggio rispetto ai maggiori competitor mondiali, ovvero Cina, Canada, USA, Svizzera e Australia, che hanno tassi di THC consentiti che vanno dallo 0,3% all’1%”, afferma il Coordinamento, spiegando che “i canapicoltori italiani oggi sono fortemente limitati nella scelta delle sementi, poiché le varietà del Catalogo UE con molta difficoltà si adattano alle condizioni pedoclimatiche della Penisola, mentre l’innalzamento della soglia di THC consentirebbe un ampliamento delle varietà del 50% circa”.

“Quella della canapa industriale è una coltura di grande importanza per la diversificazione del reddito degli agricoltori, che negli ultimi anni ha fatto registrare una crescita importante delle superfici coltivate e i cui margini di crescita sono molto più ampi tenuto conto di tutte le filiere attivabili da questa coltivazione; parliamo di una coltura dal grandissimo potenziale, agricolo e non solo, che vanta una tradizione secolare nel nostro Paese che fino alla metà del Novecento, era il maggior produttore comunitario e il secondo a livello mondiale”, fa notare Agrinsieme.

“Guardiamo pertanto con fiducia all’annunciato tavolo di coordinamento interministeriale, che a partire dal Mipaaf coinvolgerà i ministeri della Salute, dell’Interno, della Giustizia e dello Sviluppo Economico, quale importante strumento di confronto tra Istituzioni e attori della filiera per la definizione di un piano di settore che parta dall’agricoltura e arrivi alla più ampia bioeconomia, nonché per affrontare e auspicabilmente superare norme e regolamenti specifici, così da dipanare quelle incertezze normative legate alle singole destinazioni d’uso della canapa industriale che stanno oggi frenando lo sviluppo di questa coltura che, ancora di più in un momento di crisi di alcune filiere, può rappresentare un’integrazione importante per le imprese e le cooperative agricole”, conclude il Coordinamento.

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Agrinsieme è costituita dalle organizzazioni professionali Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, a loro volta riunite nella sigla Alleanza Cooperative Italiane – Settore Agroalimentare. Il coordinamento Agrinsieme rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, oltre 800mila persone occupate nelle imprese rappresentate.

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